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sabato 20 aprile 2019

Nulla da insegnare, molto da condividere





Finalmente ho preso coraggio. Oggi ho realizzato i primi due video di una iniziativa che ho chiamato ''nulla da insegnare, molto da condividere''. In questo e nei prossimi video semplicemente mi proporrò come CONDIVISORE( NON sono un insegnante ), che proporrà ciò che a mia volta mi è stato trasmesso riguardo temi spirituali, utili al quotidiano. Mi auguro di essere un mezzo utile a chi lo desidera. Un abbraccio sincero


martedì 2 aprile 2019

DIALOGHI CON LA LUNA, L’ALTRA META’ DI ME

In anteprima il breve racconto che porterò a "Maggio dei libri" per la manifestazione letteraria indetta dalla biblioteca di Magenta (MI), Venerdì 24 Maggio, ore 18.

DIALOGHI CON LA LUNA, L’ALTRA META’ DI ME

 « If you believed they put a man on the moon, man on the moon. If you believe there's nothing up his sleeve, then nothing is cool.» (Se hai creduto che hanno messo un uomo sulla luna, un uomo sulla luna. Se credi che non nascondo niente, allora niente è divertente.»)
Questa strofa, cantata da Michael Stipe dei R.e.m, riecheggia nei pochi metri quadrati del mio salotto, mentre lascio che il mio naso e gli occhi possano andare in gita, oltre la cortina di ferro della finestra, aperta come un gabbia i cui canarini sono scappati tutti in una sera d’estate.
Nessuna nuvola in cielo, pochi lampioni nel viale, palcoscenico ideale per lei: la prima donna del manto celeste esige d’essere accolta così, a maggior ragione oggi.
Oggi non è una sera comune, no… non lo è affatto, oggi è il plenilunio più spettacolare dell’anno.
La grande argentata è perigeo: la distanza minima dalla Terra, e lei, sorniona, si è rifatta il look. Neanche la più sexy della rockstar può tenerle testa, e, a proposito di quest’ultima, credo di averla persa da un pezzo, fra uno scatto fotografico e il successivo, nel disperato tentativo di catturare un momento magico. Uno di quello che vorresti raccontare anche a distanza di anni.
Tempo, epoche; anni. Anni. Quasi 50 ne sono trascorsi da quel 20 Luglio 1969 e da quei tre uomini a tu per tu con la nostra protagonista. Si era in piena guerra fredda e la sfida di lasciare le impronte sul nostro satellite, era una faccenda di prestigio, una sfida fra due capofila, capaci di dividere l’umanità in due fazioni. Il trionfo del cieco dualismo, opposto al senso del comune bisogno collettivo.
Oggi sono crollati muri, scemate ideologie novecentesche, eppure il mondo è perennemente frazionato in mille pezzi di un puzzle che non riesce, o peggio non vuole, completare l’immagine di unità e buon senso.
Eppure siamo tutti qui sotto, simili a figli di quella stessa luna che ci fa da madre e di quell’unico sole che ha comune paternità dei suoi 7 miliardi di affannati esseri, in contesa sleale per un raggio più caldo e luminoso.
Ma torniamo a noi: qui non ci sarà nessun nuovo allunaggio, nessuna passeggiata sui crateri, eppure c’è qualcosa di mistico a prescindere, perché lei sa regalarci questo ed altro: eclissi, energia e polarità femminili. Sa influenzare le coltivazioni, le maree, la crescita dei capelli e delle barbe… e, dulcis in fundo, dicono persino i nostri stati umorali.
Roba da creduloni? Non saprei, mi tengo aperto, da buon sperimentatore, alle possibilità.
Quante volte abbiamo sentito frasi come “sei lunatico”, “hai la luna inversa?”.
Quanto c’è di vero in tutto ciò? Misteri umani, che l’uomo stesso cerca di comprendere dalla notte dei tempi, ma che forse, più che compresi, vanno semplicemente vissuti per quello che sono: magnifici e ineluttabili.
Un altro scatto mi riporta con la memoria a quasi un anno addietro: 27 Luglio 2018, l’eclissi lunare più scenografica degli ultimi decenni.
Ricordo con entusiasmo quella ricorrenza: social networks in delirio per l’occasione, visite planetarie quadruplicate e sciami di ragazzi, e non più ragazzi, in marcia verso la campagna.
Zaini, bici, macchine fotografiche al collo, candele, torce elettrice, tappetini da yoga, stuoie, sacchi a pelo. Una piccola Woodstock casereccia prese forma in modo spontaneo. Il tam tam passava di bocca in bocca dal centro di Abbiategrasso al canale scolmatore che giunge sino a fiume Ticino: «Raggiungeteci al canale, l’eclissi totale è fra pochi minuti».
Questa frase era diventata una sorta di tormentone telefonico, scritto, inviato, parlato, fotografato, sussurrato, strillato.
Portai con me tre candele che dovevano rappresentare il passato, il presente ed il futuro. Un omaggio di luce alla regina della luce, che in quell’occasione ci mostrava il suo lato oscuro.
Quante coppiette, quanti sogni, quante speranze vidi negli occhi di quella immensa macchia di fauna umana in viaggio verso quell’appuntamento.
Nelle filosofie orientali si dice che quella lunare sia una polarità di tipo “yin”, ovvero un archetipo del “lato femminile” presente in ogni essere. La sua funzione è “fare da specchio”, mostrarci il riflesso nascosto e recondito del nostro interno più profondo, spesso non conosciuto e neppure immaginato.
Se solo potessimo vedere parte dell’iceberg emotivo sommerso nei nostri pensieri meno consci, la nostra vita sarebbe completamente votata alla consapevolezza.
Se il sole illumina di luce propria e rappresenta l’aspetto estroverso, “maschile”, volto al donarsi esteriormente è pur vero che tale azione non sia sufficiente per colmare di auto conoscenza il proprio essere. E’ necessaria l’altra ala per volare: l’oscuro, il sommerso nel mari di Nettuno, il “dark side” di cui parlavano della loro celebre opera i Pink Floyd.
Una staffetta di torce si improvvisò davanti ai miei occhi, che tentavano di abituarsi all’assenza di luce, poi il suono si prese tutte le attenzioni di presenti: un “ohh” di stupore passò di lingua in lingua, come un coro da stadio. La vincitrice era ancora una volta lei, il suo argento, che lentamente svaniva in una alone nero, non era secondo a nessuno.
Mi sentii per un attimo nel ventre della grande madre e per vedere il volto del grande padre sapevo che avrei dovuto aspettare l’alba.
Familiarizzai con chi c’era al nostro fianco, voleva sapere qualcosa in più sulle mie tre candele e sul mio rito propiziatorio. Che dire? Momenti che solitamente appartengono a sciamani, streghe buone e animali allo stato brado, ma quella sera tutto era possibile, esattamente come stasera.
Chiudo la finestra, il mio naso e gli occhi rientrano all’interno del perimetro di sicurezza, ma il cuore rimane lì: sulla macchia più grande del disco lunare che sembra volermi avvolgermi e non lasciarmi andare via, non prima di aver detto “grazie”. Grazie alla vita che sa sorprendermi ancora, come quando ero un bambino.
Ora forse ne so qualcosa in più di corpi celesti, raggi argentati e distanze planetarie. Ora forse ho messo anch’io, a modo mio, il mio piede sulla luna.
Ma credo che l’altra metà di me, la metà femminile, resterà ancora un mistero, che tanto mi attrae e di cui mai ne saprò abbastanza.


ALESSANDRO DE VECCHI