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giovedì 16 aprile 2020

Due considerazioni su questo lungo periodo duro e su come affrontare la quarantena


Due considerazioni su questo lungo periodo duro e su come affrontare la quarantena con un atteggiamento orientato al cambiamento positivo. Queste considerazioni faranno parte del libro al quale sto lavorando #NullaDaInsegnareMoltoDaCondividere


La prima è che ogni situazione è non permanente e soggetta a cambiamenti: quel che un giorno detestiamo ardentemente può, più avanti, essere frutto di nostre rivalutazioni, e viceversa.
Famosa è la storiella che narra di un ragazzo che per il suo compleanno riceve un cavallo. Tutti al villaggio dicono: «Che meraviglia, hai ricevuto un cavallo!» e il Maestro dice: «Vedremo…»
Il cavallo scappa dal villaggio e gli abitanti esclamano: «Che sfortuna!» mentre il maestro ripete: «Vedremo…»
Qualche giorno più tardi il cavallo torna a casa con una cavalla e per tutti è una gran fortuna, mentre il maestro, cauto pensa: «Vedremo…»
La cavalla scalcia e rompe una gamba al ragazzo, tutti nel villaggio dicono: «E’ terribile!» solo il maestro ribadisce: «Vedremo…»
Poi scoppia la guerra e tutti i giovani devono andare a combattere ma il ragazzo non può andare perché la gamba è ridotta male e tutti al villaggio dicono: «Che meraviglia!» mentre ancora una volta maestro capisce che è il caso di dire sempre: «Vedremo…»

La seconda considerazione è che ogni momento, ogni occasione, persino quella apparentemente più dura e negativa, non è mai un danno, una punizione nei nostro confronti. Semmai è solo un risultato piacevole o spiacevole, ma mai una sconfitta.  Non ci sono vincitori né vinti, anche quanto pensiamo ingenuamente di essere battuti dalla vita in realtà stiamo imparando una lezione preziosa, che è lì per il nostro bene, mai per il suo contrario.
Sostituiamo dunque il: «Perché mi succede questo?» con il: «Cosa devo imparare da questo?»

venerdì 3 aprile 2020

La notte in cui la Luna si specchiò nel vuoto colmo di tutto ( un racconto che comporrà il mio libro "Nulla da Insegnare molto da Condividere")


Le visioni erronee (la non conoscenza dettata dall’ignoranza fondamentale): racconto, riflessioni, antidoti.

Eccoci alla prima afflizione mentale, l’ignoranza fondamentale delle visioni erronee. E’ essa la matrice di tutti i difetti che si sviluppano in seguito e sulla base di questa. Ci si aggrappa alla principale distorsione della realtà che causa ogni altra nostra condizione insoddisfacente (Samsara).
Che cosa di intende per non conoscenza? Cos’è viziato da ignoranza di base? Si tratta della nostra concezione erronea del Sé auto-esistente. L’illusione, frutto di una percezione non completa e non saggia, che ci fa percepire noi stessi e ogni altra cosa, come esistente di per sé, in maniera autonoma, indipendente. Lo vedremo meglio in seguito: attraverso un mio breve racconto di fantasia, che vi propongo, (dal titolo “Il giorno in cui la Luna si specchiò nel vuoto colmo di tutto”). Successivamente faremo delle considerazioni e chiuderemo questo argomento con una meditazione. Certamente non abbiamo alcuna velleità di comprendere a fondo e realizzare la vacuità, ma anche solo un piccolo passo verso una visione meno confusa ci potrà aiutare.

Il racconto: «La notte in cui la Luna si specchiò nel vuoto colmo di tutto.»

Vi fu un giorno, diversi millenni fa, in cui la Luna, dopo un’eclissi, non volle riaffacciarsi al cielo.
Per tre notti consecutive il tempo fu orfano della magia argentata che ancora oggi possiamo ammirare.
Si racconta che in quei tempi l’umanità fosse preoccupata di non vedere più la “signora della sera” e che alcuni sacerdoti si riunirono a pregare, temendo la fine del mondo.
«Che cosa sta accadendo?» Chiese il gran sacerdote Giove, interrogando il suo amico di preghiera, un uomo di nome Solare.
Solare rispose: «Accade che la Luna non voglia più farsi vedere dall’umanità. E’ diventata gelosa della stella che porta il mio nome, il Sole!»
«E perché mai? Replicò il sacerdote. «Da dove nasce questa sciocca gelosia? Cosa sono questi capricci? Possibile che la Signora non capisca che così facendo gli uomini non sapranno più orientarsi nella notte?»
Solare capì che la situazione era grave, così chiese a Giove di mandare sulla terra una coppia di innamorati alla ricerca della Luna.
Nel secondo giorno di assenza, quest’ultima, incominciò a riflettere su ste stessa: si sentiva inferiore alle stelle: «Tutte brillano di luce propria, io no! Io ho bisogno del Sole per riflettere luce. Tutte hanno una loro posizione chiara, sembrano primedonne. Io no! Io sono costretta a girare intorno alla Terra come fossi una mendicante. Non valgo nulla e sono stufa di farmi vedere così miserabile!»
La Luna era davvero depressa, così il sacerdote che portava il nome del pianeta più imponente, decise di mandare due innamorati al Lago dei cigni d’argento, di farli sedere sulla sponda in attesa della Luna, per rendere il loro bacio qualcosa di speciale e memorabile.
La coppia obbedì e si sedette in prossimità dello specchio d’acqua in spasmodica attesa di un riflesso argentato.
«Amore guarda, persino i cigni questa sera l’aspettano!» Disse l’uomo alla propria amata, la quale rispose: «Hai ragione, ma stasera la signora sembra non voler rispondere! Se solo sapesse quanto l’amiamo! Quanto abbiamo bisogno di lei! Tutti quanti. Noi due, i cigni che l’ammirano ogni volta e persino il Sole, che la insegue senza poterla mai incontrare. E’ proprio per questo che le manda i suoi raggi! E’ l’unico modo che ha per poterla abbracciare.»
La Luna, che era nascosta dietro ad una grossa nuvola, udì quelle parole e si commosse.
Comprese chi era davvero e capì di essere stata egoista e confusa. Così riapparve e si specchiò nell’acqua placida e serena del lago, proprio mentre i due innamorati si baciavano e i cigni facevano festa alla sua presenza.
In quel preciso frangente la Luna intuì che poteva esistere solo perché era dipendente da tutto il resto: l’acqua, il cielo, i raggi del sole e gli occhi degli innamorati. Ma allo stesso tempo penetrò con la sua luce la realtà: anche le cose che aveva appena notato, i fili d’erba, le maree e le notti, potevano esistere solo in dipendenza sua: così lei era il Sole ed il Sole era lei. Lei era quei baci e quei baci erano lei, senza alcuna separazione, solo un unico grande sapore di tutte le cose. Il sapore del vero.

Da quella notte la Luna sa chi è…e tu, che stai leggendo questa mia fiaba, sai di essere la Luna, nel momento stesso in cui la osservi con amore.