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lunedì 27 marzo 2017

Il piccione viaggiatore

Marzo, temperature gradevoli. Il cruscotto della mia auto mi mostra per  la prima volta la cifra 20 al termometro digitale… il tutto mentre l’autoradio fa il suo dovere, innaffiando con canzoni di Springsteen, ed al contempo  le gomme assaggiano un asfalto già piuttosto tiepido.
Bereguardo è alla spalle, intravedo il ponte delle barche dallo specchietto retrovisore ed ora tutti i cartelli stradali mi annunciano che mancano soli 11 chilometri a Pavia.
Penso all’estate, a ciò che verrà, a cosa ne sarà di questa mia vita di qui a prossimi mesi. Non trovo risposte, progetti, auspici, speranze e pensieri si rincorrono, ma sembrano galleggiare insicuri come un ponte che non ha abbastanza radicamento al terreno per sostenere il traffico.
Torno al momento presente, l’unica cosa che davvero possiedo è questo instante. Eppure se cerco di afferrarlo scopro che è già svanito, come una farfalla che si posa sulla rete senza lasciarsi mai catturare.
Lascio che sia: il tempo conosce meglio di me il significato del viaggio che ogni spirito è chiamato fare in questa giostra, che non spegne mai motori e luci.
Mi lascio stare, Alessandro smette di chiedersi perché succede questo o quest’altro, ma soprattutto cessa di giudicare se stesso e gli altri.
Il mio nome stesso, del resto, è frutto di una scelta che non ho fatto io: eppure ogni giorno ho un libero arbitrio, un “capo di manovra” su cui seminare. Posso scegliere se compatirmi e compatire o utilizzare anche le difficoltà come sabbia per costruire i gradini su cui salire.
Scelgo la seconda opzione. Sorrido, sornione.
Il tachimetro mi avverte che sto correndo un po’ troppo: pigio sul freno, rallento, abbasso il finestrino, respiro. Che meraviglia: sono vivo! Lo ero anche poco fa, ma la consapevolezza mi regala questo scampolo di paradiso, bussando al ventricolo e facendomi sentire come batte il muscolo cardiaco.
Bum-bum, bum-bum, bum-bum.
Grazie! Questa è la parola che ripeto più spesso mentre abbasso il volume dello stereo e mi godo il fischiettare  del vento che entra dal finestrino.
Sono quasi giunto alla stazione, qui cercherò parcheggio per poi passeggiare lungo il fiume Ticino.
Un piccione attraversa la strada, goffo, impacciato. Sembra dolorante. Inchiodo una frenata per non investirlo e lui lentamente attraversa la carreggiata, con il suo incedere lento.
Lo osservo: non può volare! E’ ferito alle ali e costretto a camminare lentamente rischiando la pellaccia.
Sembra fare lo slalom fra un’automobile e l’altra. Una roulette russa che anche questa volta è stata fortunata.
Mi volto, lo guardo per l’ultima volta, sono quasi convinto che stia per sorridermi e ringraziarmi di averlo rispettato.
Lo ringrazio anche io, sono certo di aver sentito il suo GRAZIE mille e più volte, in questa vita… e forse lo farà anche nella prossima.
Quel piccione viaggiatore probabilmente altro non era che il mio riflesso, il riflesso di chi anche se al momento non può volare, non rinuncia all’idea di tornare a farlo. Nell’immobile quiete che tutto riflette ci sono anche i passi compiuti e quelli da compiere.

                                                   ALESSANDRO DE VECCHI


lunedì 6 marzo 2017

A fari spenti verso... il nuovo romanzo!!

Le Risposte del silenzio  (http://www.lafeltrinelli.it/libri/alessandro-de-vecchi/1390984 ) è "uscito" meno di due anni fa... in questi mesi ho scritto, scritto ed ancora scritto. 
Volevo che questo romanzo avesse un seguito naturale, e sono riuscito a scrivere la trama di un nuovo romanzo dove il protagonista altri non è che il cugino del protagonista precedente. Il nuovo lavoro si intitolerà "Quanta felicità puoi sopportare?", un titolo che già nella sua particolarità contiene tante sfumature e sorprese,
Stò affrontando la fase finale delle correzioni del testo, poi lavorerò alla copertina e all'impaginazione. Lo pubblicherà in Estate, ma  nel frattempo vi lascio una "chicca": eccovi il commento-prefazione  donatomi da Edmondo Masuzzi (professore, giornalista, scrittore; nonché mio insegnante di scrittura creativa). 
A prestissimo anime scalze!  


ALESSANDRO DE VECCHI
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Il secondo romanzo di Alessandro De Vecchi, autore di “Le risposte del silenzio”, ti avvince ed incuriosisce già a cominciare dal titolo, “Quanta felicità puoi sopportare?” Un titolo che ha il gusto del paradosso, ma è soprattutto il punto di partenza per un discorso sul concetto di felicità e della sua percezione.
La sfida, per Alessandro, - una sfida che ha comportato un nuovo lungo lavoro di ricerca e documentazione - questa volta consiste nel descrivere...  un’altra sfida. La sfida che Davide, il protagonista della storia, si trova ad affrontare ogni giorno della sua vita: Davide, infatti, non possiede il dono della parola. E’ muto (non sordomuto, però) e nonostante questo, anzi, proprio per questo, ha imparato a compensare il proprio handicap in ogni modo possibile: sviluppando una comunicatività naturale e una grande spontaneità nell’instaurare rapporti umani, e acquisendo una perfetta padronanza del linguaggio dei segni, tanto che lavora per una emittente televisiva come “interprete” delle notizie nel linguaggio dei sordomuti.
La sua estrema sensibilità, però, trova il modo di esprimerla soprattutto nella scrittura, scrivendo rapidamente sul suo ‘fido’ block-notes, nelle conversazioni, frasi ben cesellate, ma anche utilizzando con sicurezza i mezzi tecnologici per comunicare col suo prossimo.
“Quanta felicità sai sopportare?” è la storia di un amore che nasce piano piano e diventa sempre più forte, vincendo le paure iniziali di Davide, dovute alla propria condizione e ad un’esperienza negativa precedente.
E’ un amore totale, fisico e mentale, fatto di cose grandi e piccole, come quando Davide e Stella leggono separatamente ma in contemporanea uno stesso libro, per poi discuterne insieme, o il ballo insieme, o il ritratto di lei.
E’ una storia di amicizie, quelle vere, che fanno accettare l’altro per quello che è, senza volerlo cambiare, e non ti costringono a mostrare di te stesso solo la faccia migliore.
E’ in un certo senso anche l’inizio di una saga familiare, perché compare nel romanzo anche Pablo, il cugino protagonista di “Le risposte del silenzio”, che ha condiviso con Davide il periodo dell’infanzia, e avrà un ruolo importante anche in questo secondo romanzo.
Ma gli elementi memorabili in “Quanta felicità sai sopportare?” non finiscono qui.
Questo romanzo non è solo un romanzo: porta incastonati alcune pietre miliari, piccole e grandi, della vita di Alessandro: una poesia, il resoconto di una partita e quello, entusiasmato ed entusiasmante, di un concerto milanese del Boss, il grande Bruce Springsteen, insieme ad altre citazioni musicali, e poi note e riferimenti al Dharma, la via Buddhista, non dogmatica, alla ricerca della serenità. Il tutto raccontato in prima persona, utilizzando  una grande, quasi gaddiana, varietà dello stile.
A differenza di “Le risposte del silenzio”, che ci aveva portato in luoghi remoti, dal Vietnam al Nepal, questo romanzo ci dischiude lo scrigno prezioso di un mondo più vicino, la poesia e la dolcezza della nostra terra, che Alessandro esplora spesso, soprattutto in bici e a piedi: Abbiategrasso, Morimondo, Bereguardo e tutta la valle del Ticino circostante.
Un’ultima curiosità: compaiono, citati per nome, alcuni amici di Alessandro, e frasi effettivamente pronunciate da suoi lettori e followers: una scelta decisamente interessante nell’ambito del romanzo realistico, ferma restando la costante della ricerca spirituale di De Vecchi.

Una scelta che potrebbe fare scuola. (EDMONDO MASUZZI)