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venerdì 27 maggio 2011

L’INSANO VIZIO DELLE ETICHETTE

Nello scorso post ho parlato di un'icona delle libertà: Fabrizio De André. Oggi mi riallaccio alla sua figura, per fare un po' di considerazioni sparse, che premono con urgenza all'interno della mia cassa toracica ed evidentemente non vedono l'ora d'uscire allo scoperto.
Una delle più celebri affermazioni di "Faber" nasce da un aforisma di Benedetto Croce e poi si avventura mostrando la sua personale idiosincrasia verso ogni forma di "etichetta", in questo caso quella scomoda di "poeta".
Personalmente mi sono sempre inconsciamente domandato chi si ritiene così onnisciente da sentirsi investito del ruolo di distribuire immaginari "patentini" di poeta o d’abilitazione poetica.
Chi si sente così pervaso da pienezza di sé e convinzione d'avere la "verità" in tasca, da voler deliberatamente e scientemente decidere cosa è degno di nota e riconoscimento ufficiale e cosa invece non lo è.
Un quesito che mi ronza spesso fra le onde cerebrali è: << Quale differenza intercorre fra un bravo artista di strada ed uno altrettanto capace, ma tutelato dalle fortunate ali protettrici d'una grande casa editrice o discografica? >>.
E' forse l'esistenza di un cartellino riportante un prezzo, appiccicato ad un cd (piuttosto che un libro), ad indicare il valore e la qualità di ciò che in esso è contenuto? Ed ancora: la mancanza di tale "codice a barre" e valore monetario, sono sintomatici del fatto che l'artista in questione non possa fregiarsi del "titolo ufficiale" d'autore meritevole?
Domanda retorica, si potrebbe giustamente pensare. Poiché ognuno di noi già conosce bene la risposta e sa che "il mercato"  ed il "consumo" sono  parte integrante del nostro vivere, creatività compresa.
A mio modesto parere, però, vale la pena di soffermarsi un attimo ancora su questi punti di domanda; volutamente provocatori.
E' pacifico che né io né alcun altro individuo pensante si sognerebbe mai d’esser contrario al compenso, (sia esso sotto forma monetaria, di popolarità o di semplice stima). Tutt’altro: ritengo sottointeso che anche nel manifestare artistico (così come in qualunque altra attività umana), esso sia non solo naturalmente e moralmente giusto, ma addirittura necessario (dato che siamo in una realtà dove non si può certo sopravvivere senza denaro).
Quello che ogni amante del "bello" e dell'espressività gradirebbe è semmai semplicemente tutelare la "bussola emotiva" di tali valori. Se è vero che viviamo in una società dove purtroppo, in molte occasioni, si da attenzione a qualcosa solo se stimolati da chiassosi valori numerici o dalle statistiche di vendita, allora si rischia di barattare frettolosamente anche il valore creativo. Pesandolo freddamente come fosse una merce qualunque su una bilancia che registra “record”.
Ebbene, in questo momento, vorrei tanto poter soffiare sulla fuliggine che avvolge il significato e lo scopo ultimo dell’espressione estetica.
Tornando a "Faber", questo groviglio di pensieri mi è nato dentro rileggendo questo passo, tratto da una sua intervista risalente a decadi fa: << Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest'età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d'arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l'esuberanza creativa >>.
Dunque uno dei più grandi poeti del ‘900, in maniera molto modesta, si guardava bene dal considerarsi tale. Questa meravigliosa lezione mi aiuta, ancora più, ad intuire la levatura morale di Fabrizio.
Nel mio PICCOLO (quest'ultimo termine è proprio il caso di scriverlo volutamente e molto umilmente a caratteri cubitali), io scrivo per me stesso innanzitutto. Lo faccio poiché mi fa sentire qualcosa di più d'un semplice ammasso di carne e pensieri vivi.
Scrivo da quando ne ho memoria.
Ricordo d’aver coagulato su fogli parti di me in diverse occasioni.
Quando sono stato gioiosamente pregno d’incontenibile voglia di vivere.
Quando sono stato sull’orlo del baratro intimo.
Quando ho fatto l’amore per la prima volta.
Quando ho lasciato.
Quando sono stato lasciato... e alcune volte  mi è stato comunicato al telefono.
Quando ho scoperto che amare è bello.
Quando le mie ossa hanno assaggiato gli spigoli vivi ed implacabili della vita, che insegnano a camminare retto.
Quando la mia pelle s'incrinava e non conteneva più in brividi ad un concerto o ad uno spettacolo.
Quando ho trovato un Jolly in mezzo al mazzo dell'esistenza.
Quando non ce l'ho fatta a domare le lacrime di felicità o di dolore.
Quando per la prima volta ho imbracciato una chitarra e l’ho maneggiata come fosse una meravigliosa neonata.
Scrivo chiudendo soventemente gli occhi.
Scrivo riaprendoli ed immaginando i vocaboli che ancora non ho fatto danzare sul foglio.
Insomma: creo macchie di parole e verbi perché della scrittura non ne posso proprio fare a meno… pur sapendo che invece essa possa fare tranquillamente a meno di me.
Tornando alle due categorie di cui Benedetto Croce dava spiegazioni: poeti e cretini.
Ovviamente non ho la benchè minima presunzione o arroganza di ritenermi parte della prima categoria.
Da inguaribile libertario mi piacerebbe non farmi mai inscatolare in alcuna definizione…e se un giorno dovessi scoprire d’esser scivolato nella seconda specie? Se fossi invece già allo stato attuale parte d’essa?
Beh, in tal caso, giuro che farò in modo di risultare almeno “cretino in modo poetico”.
-  ALESSANDRO DE VECCHI  -






“ IL ROGO  DELLE  ETICHETTE ”

Il falò dinanzi a noi arde.
Un fuoco divampa:
è il rogo delle etichette,
dei marchi e delle classificazioni
che i gerarchi della società
ci hanno incollato
senza chiederci alcun che.
Il fumo sale alto.
La fiamma ora è spenta
e la colla evaporata.
Ogni cartellino è divenuto unicamente cenere
sotto ai nostri piedi danzanti.
Cantiamo lieti adesso,
fieri d’essere ciò che vogliamo;
fuori da ogni omologata casella. 
Nell'aria solo inebriante profumo di libertà.

 ( ALESSANDRO DE VECCHI )

sabato 21 maggio 2011

"IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA" (riflessioni su una vita anticonformista...)

Pochi giorni fa stavo ripensando ad un'esperienza che ho vissuto circa un anno fa. Il 25 Aprile  dello scorso anno ho infatti assistito ad uno spettacolo teatrale, in omaggio al compianto De Andrè , organizzato dell'ottima compagnia teatrale "FavolaFolle". Inutile parlare delle emozioni che ho provato, quelle le custodisco nel mio muscolo cardiaco e credo che qualsiasi aggettivo sarebbe inadatto a contenere una simile esperienza; poichè finirebbe con lo sminuirne l'intensità.
Ecco cosa scrissi quel giorno dopo la manifestazione:
Evitando gli aggettivi, posso però parlare di ciò che questo pomeriggio mi ha lasciato in dote. Chi mi conosce almeno un poco, probabilmente conosce il mio amore per la scrittura e la musica: ebbene è bastata un'ora. Una semplice tacca d'orologio (densa di aneddoti, canzoni e reading poetici) riguardanti "Faber", per catapultarmi in una dimensione nuova. Rincasato, non ho fatto altro che compiere i soliti apparentemente abituali gesti quotidiani: mangiare un gelato, scrivere una della mie storie al pc, leggere qualche poesia ed ascoltare buona musica. Eppure dentro di me c'era una consapevolezza diversa: quella di cui pensa: "è altamente improbabile che io possa mai arrivare a campare scrivendo libri, ma in fondo chi se ne importa? Scrivere, osservare il mondo, narrarlo attraverso le mie lenti è ciò che amo fare.. ed è ciò che continuerò a fare con genuina passione e certosina cura"
Chiunque abbia un po' di dimestichezza con la storia dei cantautori italiani, saprà che "Faber" nacque in un ambiente ed in una famiglia "altolocata". Egli viene spesso descritto però come la "pecora nera" del nucleo, costantemente in contrasto col potere (da lui considerato una sorta di piaga dell'umanità). Fece disparati lavori saltuari e precari, proprio per non mettere "radici" così profonde da impedire alla sua geniale curiosità di spingerlo verso la prima nave al porto nella "sua" Genova. Osservare il "mondo reale": quello lontano dall'ipocrisia e dal finto perbenismo. La "proibita" Via del campo, per intenderci, (stradina deserta e anonima durante il giorno, teatro invece di minoranze etniche e personaggi ai margini dell'umanità, durante la notte). La sua arte, perennemente in bilico fra musica e poetica, lo ha reso come tutti sappiamo non solo uno dei più grandi cantautori del novecento, ma anche un poeta (nell'accezione più pura del termine).
Di idee politiche anarchiche, diede una voce ed un suono inconfondibili, al desiderio di libertà e pacifismo della sua irrequieta indole anticonformista.
Le sue canzoni sono vere e propri spaccati di vita che narrano di emarginati, prostitute, ribelli e personaggi considerati "scarti della società" ( dalla borghesia benpensante e di quei tempi). Fabrizio non giudica mai costoro, non li addita come la maggioranza dei moralisti. L'umanità per lui va semplicemente compresa, non giudicata. Non esistono solo il bene ed il male, il bianco ed il nero, bensì milioni di sfumature che occorre quanto meno cercare di capire e riconoscere.
In una sua famosa canzone giunge a scrivere "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior".
Stanotte ho preso il mio block-notes ed ho iniziato ad annotarmi i primi pensieri di una storia che mi è nata in testa senza preavviso. Guardavo fuori dalla mia finestra giusto poco fa ...e seguitavo a scrivere "di pancia", "d'istinto" ciò che, con la mia penna vorrei raccontare questa volta.
Ho osservato la "colorita fauna umana", se pur in un brevissimo lasso di tempo. Ho scorto sguardi perplessi, volti tirati e preoccupati, tesi ad inseguire una felicità materiale tipica d'una folle, quanto inutile, corsa verso il nulla. Ho visto anche l'innocenza dipinta sulla bocca ancora sporca di pappine d'un bimbo in carrozzina. Pareva così apparentemente ignaro di questo mondo e questa realtà.. poi ho compreso quanto invece probabilmente fosse maggiormente cosciente di chi lo circondava. Esattamente così! cosciente riguardo al senso di questo "esserci" e riguardo quanto la vita stessa, sia fatta per essere "naturalmente semplice" (semmai è l'uomo stesso che stupidamente sa renderla "fottutamente complicata").
Ci sono vite fatte per essere vissute ogni giorno come se fosse l'ultimo. Queste sono le esistenze di chi non vive "nel domani", nè "nello ieri", ma unicamente "nell'oggi"... proprio in questo preciso instante.
Costoro hanno compreso quanto i bicchieri di cristallo, deposti della dispensa a prendere polvere, aspettando un' occasione valida per estrarli, siano un'assurdità…poichè ogni giorno è il motivo valido intrinseco per festeggiare ciò che siamo. Ora. adesso.
Probabilmente, questi individui, sono gli stessi che con la propria retina oculare riescono a cogliere tutte quelle sfumature che stanno tra il bianco il nero di cui si parlava poc’anzi. Sono quelle persone che intuiscono come a volte non si possa etichettare ogni cosa in un due banali categorie ("giusto" , "sbagliato","buono" ,"cattivo" e così via). Come vi siano situazioni che sfuggono a qualsiasi assurda definizione umana e non son nè male, nè bene, ma semplicemente VITA, da vivere e comprendere strada facendo. Esattamente come un'automobile coi fari puntati nell'oscurità: questa non ha bisogno di vedere la strada dinanzi a sè nel prossimi km.. per proseguire è sufficiente che i fari illuminino i 50 metri successivi di volta in volta.
Vite spesso al limite della stremo fisico, certo: non è facile andare ogni giorno controcorrente, poichè le braccia pesano ed il fiato si fa corto. Ma quando comprendi che l'alternativa al bivio è una vita di disperata quiete o di lenta ed inesorabile "morte tranquilla", ecco che i polmoni si allargano nuovamente.
Non vuoi finire così: Fabrizio in "bocca di rosa" parlava di quella ragazza "tacciata d'essere di facili costumi".. ebbene pare che successivamente si sposò con un uomo apparentemente "per bene", mettendo a tacere le malelingue del paese, ma finendo col rimpiangere persino la sua precedente condizione. In una lettera indirizzata a Fabrizio (il quale giaceva oramai sul letto di morte), pare lei gli abbia rivelato: << sono passata dalla padella alla brace, dall'essere schiava della strada, all'essere schiava di me stessa e di un'infelice quotidiana morte tranquilla >>.
<< Esistono vite fatte di disperata quiete >>, diceva Robin Williams nella strepitosa pellicola "L'attimo fuggente".. o ancora racconta Fabio Volo: << Non voglio ritrovarmi a vivere con l'illusione dell'autista del tram: sembra che l'autista guidi il tram, che sia padrone del mezzo, in realtà è uno che semplicemente frena e accelera, perché segue solo il binario…al massimo può decidere la velocità, ma nemmeno questo perché le fermate sono comunque prestabilite e devono rispettare un orario, Così succede anche a noi: scuola, università, lavoro, matrimonio, figli, capolinea. Ognuno decide solo quanto tempo metterci, e tutta la STRAORDINARIETA' della vita ridotta a due funzioni: accelerare o frenare"….con la triste illusione di guidare la nostra vita.>>
E allora guariamoci allo specchio, cerchiamo e scrutiamo l'immagine della nostra anima e dal quel confronto col proprio riflesso lavoriamo per uscirne a testa alta.. questo è ciò che conta: essere degni di sè stessi. Ricordiamoci di non valutare mai la qualità del tempo che ci verrà concesso quaggiù in base al numero di respiri che faremo, bensì agli istanti che quel fiato ce l'avranno tolto.
Ebbene, cominciamo ad inspirare ed espirare.. poi preparasi ad immagazzinare tant'aria: è necessaria per continuare a nuotare in direzione ostinata e contraria (e felice, aggiungo io)

- ALESSANDRO DE VECCHI -

mercoledì 18 maggio 2011

TRE, DUE , UNO...CONTATTO!

Eccoci!
Mi scuso per l'attacco diretto con il quale esordisco, ma sinceramente credo che sia proprio quest'approccio, informale e diretto, quello che rientra nelle "mie corde" e del mio D.n.a.
Questo piccolo spazio, che da oggi vede la luce, è il NOSTRO spazio. Utilizzo il termine "nostro" volutamente, pur non sapendo chi ci sia dall'altra parte del monitor nè tanto meno chi mi leggerà con affetto, critica, costantemente o sporadicamente. Beh, volevo solo dire sin d'ora che intendo ringraziare chiunque avrà la voglia o la semplice curiosità di farlo.
A porposito di ringraziamenti: credo sia un atto sincero e dovuto ringraziare Rudy , Alex, Loredana e Francesco, che con i loro consigli mi hanno aiutato a iniziare a "mettere le mani"  su questo blog (dato che io ero e rimango un neofita di questo mezzo...e che questa pagina è ancora una sorta di "cantiere in lenta e spontanea costruzione")

In questo frangente mi sento particolarmente felice: mi sovviene alla memoria una cascata di scene dal film "Radiofreccia", dove i protagonisti sono entusiasti nel poter lanciare i porpri pensieri attraverso una radio, in maniera LIBERA.
Negli anni '70, con il sorgere delle cosidette "radio libere", si sognava infatti di poter "far entrare" nelle case di chiunque avesse la curiostà di ascolare, il proprio pensiero... pur umile e modesto che fosse, ma era la propria voce e sentirla libersi nell'etere, foriera d'un significato, fu una conquista.
Oggi la tecnologia ha fatto passi mastodontici: esitono Blog, Social Networks ed ogni tipologia di possibilità comunicativa, perciò una piccola pagina in fondo non è nulla di nuovo ed inedito, ma lo è per me. Con essa getterò una serie di "messaggi nella bottiglia" speranzoso di riceverne da Voi alttrettanti. Per confrontarci, per conoscersi, dialogare, discutere, commentare tutto ciò che LA VITA in ogni istante ci da in pasto.

Tre, due , uno.. si comincia: buona Libertà a tutti :-)
- ALESSANDRO DE VECCHI -