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venerdì 12 agosto 2011

" Il mormorio del carillon "

PREFAZIONE:
<< Cosa vuoi fare da grande? >>. Domanda ricorrente, che spesso da ragazzini formuliamo o ci sentiamo reiteratamente porgere da adulti e coetanei.
Oggi riflettevo proprio riguardo a questi interrogativi e sono giunto ad una mia personalissima conclusione: credo che il nostro percorso sia in qualche modo svincolato su duplici binari. Da una parte v’è la professione, il tangibile, ciò che facciamo per guadagnarci da vivere e dignitosamente galleggiare in un mare chiamato società. Dall’altro lato troviamo la nostra voce recondita, che ci suggerisce qualcosa di ben più complesso e profondo, ossia : << La tua esistenza non è assolutamente sintetizzabile in una fantomatica carta d’identità che svela quale professione svolgi, dove abiti, da quanti anni sei al mondo ecc…il nostro vissuto è molto, molto di più. Credo che ognuno di noi sia un essere unico ed irripetibile. Quel 2% di D.n.a che ci differenzia da ogni altro essere vivente è una risorsa infinita. In altri termini potrei avventare che in svariate situazioni sia proprio il nostro sub-conscio a scegliere per noi nella maniera più naturale e spontanea…il tutto mentre spesso i nostri pensieri aggrovigliati fanno a pugni tra di loro, pensando presuntuosamente di sapere sempre ciò che giusto e ciò che non lo è.  Pretendendo ogni volta il controllo totale di un corpo che si ribella e che, in modo inequivocabile, tramite i segnali, ci comunica cosa sente e cosa desidera realmente.
Così tornando alla fatidica domanda introduttiva: il mio corpo, le mie vene, il mio sommerso interiore, hanno scelto per me il mio vero ruolo in questo mondo. Hanno valutato qualche cosa che ovviamente non è riportato in alcun documento ufficiale. Mi hanno svegliato la coscienza e bisbigliato: << Fai lo Storyteller, il cantastorie…il tuo compito, dopo ovviamente aver provveduto con la tua professione a mantenerti, è quello di raccontare ciò che vedi la fuori ed ascolti da dentro. Raccontare, scrivere e comporre non è altro che sorreggere uno specchio: il lettore vedrà la sua immagine riflessa in un personaggio piuttosto che un altro, ti ringrazierà per averlo fatto riflettere…ma in verità tu saprai già che quelle riflessioni le ha compiute lui, tramite le sue risorse autonome. Tu gli hai unicamente offerto specchiera e lenti >>.
Premesso tutto ciò, oggi vorrei quindi raccontare. Qualche riga per chi avrà il piacere di specchiarsi, dunque. Un racconto? Sì, esattamente. Che sia frutto della fantasia o dell’esperienza reale poco importa, ciò che conta è che qualcuno leggendo si accorga di quanto ami ancora farsi sorprendere dalla vita…come pioggia che cade alla rovescia verso il cielo.
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Il frastuono della centrifuga mi desta. E’ a tratti fastidioso, così accosto la porta del bagno per attutire il fragore. Quella di questo pomeriggio è l’ultima lavatrice dopo il ritorno dal viaggio. Fortuna che nel mio bagaglio c’era davvero l’essenziale, ho ridotto il carico davvero al minimo pur di potermi portare appresso una delle mie inseparabili chitarre.
La estraggo dal fodero, una veloce accordatura. La corda del Sol è sempre parecchio scordata quando ripongo la chitarra e non la uso per qualche giorno.
Apro la scatolina dove custodisco i plettri. E’ una minuscola confezione di latta molto luccicante e dentro vi alloggiano una cinquantina di plettri colorati delle più svariate forme, dimensioni e spessore. La considero la mia collezione, ogni volta che entro in un negozio di musica non resisto alla tentazione di comperarne qualcuno. << L’unico modo per resistere ad una tentazione è cedervi >> diceva Oscar Wilde…evidentemente ho preso il consiglio alla lettera in questo caso.
Sono certo che la modalità più saggia di vivere che esista sia quella che ti fa arrivare alla fine dei giorni con un carico di rimorsi da doppio giro sulla bilancia, ma neppure un grammo di rimpianti.
La confezione metallica mi scivola dalle mani e cade sul pavimento. Tutti quei pezzettini triangolari di plastica si sparpagliano sul pavimento come biglie impazzite.
Li scruto a lungo uno alla volta, quasi volessi conoscerli meglio: ognuno di loro sembra ricordarmi un aneddoto, una situazione, che improvvisamente torna a galla e favoleggia di sé.
Taluni sono ricordi di giorni luminescenti e leggiadri, tal altri invece ben più cupi e torbidi. Li lascio filtrare tutti, senza pregiudizi di sorta. In fin dei conti il risultato di ciò che come persona  sono o non sono oggi è figlio d’ognuno d’essi, indistintamente.
Adoro una scena del film “ora e per sempre”, dove  Gioele Dix, parlando del sollievo del ricordo, afferma: << Perché il ricordo non è il rimpianto di quel che non c’è più, è la certezza gioiosa di ciò che c’è stato >>.
Così cammino a piedi scalzi sul pavimento, afferro il plettro che è finito sotto la sedia del tavolo e lo afferro con morbosa cura e dedizione.
Lo so bene, non è un plettro qualsiasi… è forse il primo che ho avuto tanti anni fa e gli sono esageratamente legato per ragioni affettive tutte mie. Ha la grafica della mitica chitarra di Eddie Van Halen e credo sia ormai “fuori produzione” da tempo.
Durante le vacanze ho avuto modo di suonare con Jim: un turista londinese nonchè abilissimo chitarrista blues. Mi ha insegnato miriadi di trucchi e tecniche musicali. Ogni volta che impugnava la chitarra io l’ascoltavo al limite fra l’incredulo e l’estasiato.
Ricordo una sera in agriturismo, dopo aver cenato assieme ad una ventina d’invitati, io lui e Chicco abbiam suonato davanti a tutta quella gente. Come abbia potuto vincere la mia proverbiale timidezza non ne ho la più pallida idea. So solo che i volti sorridenti e canterini mi hanno e ci hanno ripagato alla grande.
Repertorio misto ed improvvisato: uno spezzatino di canzoni italiane ed internazionali, per coinvolgere le famiglie italiane, quella inglese e quella belga lì presenti ed assetate di allegria… oltre che di buon vino locale.
Ebbene, nonostante i vapori della grappa artigianale, rimembro con lucidità le parole di Jim dopo aver rovistato nella mia collezione e scovato quel plettro: << Really nice! Collectible! I could not see one like it for years >> ( << Davvero bello! Da collezione! non ne vedevo uno simile da anni >> ).
Chicco si era avvicinato per osservarlo meglio e mi disse qualcosa tipo: << Ma è rotto a metà, non è più adatto a suonare, perché lo tieni insieme agli altri? >>
La mia risposta deve essergli sembrata così bizzarra da indurlo a sospettare che avessi sollevato un po’ troppo il gomito a tavola…ma posso garantire che ribadirei ogni singola parola con la medesima convinzione di quella sera.
<< Chicco, questo plettro non serve per suonare, lui suona da solo, come una carillon >>.
Ricordo lo sguardo incuriosito del mio amico mentre gli spiegavo ed aggiungevo: << Una persona per me importante possedeva una copia identica di questo oggetto. Glielo regalai io talmente tanti anni orsono da non ricordare più nemmeno quanti! Ogni volta che voglio percepire questa persona vicina, io avvicino al petto questo minuscolo pezzo di plastica colorata e ti assicuro che lo sento suonare, esattamente come un carillon. Quando la gente ha nostalgia del mare prende una conchiglia e l’avvicina all’orecchio udendo in essa la risacca delle onde. L’incantesimo è un po’ lo stesso, credimi, ma il timpano che ascolta, nel mio caso, è quello collocato al centro della mia gabbia toracica >>.
Flash back terminato, almeno per oggi. Tutti i plettri sono tornati “nella loro dimora”, all’interno della scatolina sfavillante. Tutti tranne uno: lo accarezzo, lo cullo ancora un poco. Mi pare di udire la melodia della splendida canzone “Ho messo via”, provenire dalla crepa centrale che vedo mentre l’osservo in controluce. Un raggio di sole l’attraversa, proiettando sulla parete della camera un inedito gioco di colori.
Lo infilo in tasca, ora sarà lui ad ascoltare ciò che gli suonerò e sono certo che l’armonia arriverà a chi di dovere.
Sol, Do, Mi minore, Do, Re :<< Ho messo via un bel po’ di cose ma non mi spiego mai perché, io non riesca a metter via te >>.

 - ALESSANDRO  DE  VECCHI  -