Visualizzazioni totali

mercoledì 5 marzo 2014

L'attimo non colto (una mia breve novella)



In questa breve novella vi parlerò di Clara: una ragazza la cui storia ci può servire da monito per capire quanto sia importante non gettare al vento le occasioni irripetibili, non lasciare cadere a vuoto l’attimo buono che furtivo ci si presenta.
Clara era una giovane donna in cerca dell’Amore, quello vero, quello che se si è fortunati ed attenti a riconoscere nei minimi segnali si incontra al massimo una volta nella nostra breve ma significativa esistenza. Viveva in un piccolo paese alle porte di Roma, conduceva un’esistenza semplice ma molto serena: aveva un lavoro stabile in un periodo storico dove il precariato era divenuto l’abitudine e godeva di una salute buona.
Vi era però una sorta di “cruccio” in lei, una “mancanza” che non la rendeva completamente appagata del suo vissuto: non aveva ancora avuto la felice sorte d’innamorarsi seriamente, vivere uno di quegli amori leali e sinceri, così preziosi da irradiare di nettare vitale ogni giorno vissuto, generando la lezione d’amore che ci insegna poi quella grande apertura verso la totalità degli esseri che ci circondano.
Sognava spesso di vivere una di queste situazioni ed in cuor suo ogni sera, prima di addormentarsi, auspicava di incrociare la strada della situazione karmica gioiosa.
Una sera, dopo il lavoro, accompagnò a casa la sua amica e collega e poi decise di cenare in un piccolo ristorante giapponese non molto distante da casa sua.
Quella sera tutto pareva seguire una direzione ben precisa, come può avvenire nei confronti di una biglia sospinta dalla giusta quantità di forza delle dita, all’interno di una pista scavata nella sabbia.
Clara ordinò un piatto di sushi, poi nell’attesa estrasse il cellulare e si mise a mandare qualche messaggio alle sue amiche. Mentre azionava le sue dita sulla tastiera digitale con la velocità di un frullatore, gettò il suo sguardo al tavolo di fronte. Notò un silenzioso ragazzo seduto al tavolo assorto nella sua attività: le pietanze accanto a lui non erano state consumate interamente e seguitava a scrivere qualcosa su una specie di diario. Di tanto in tanto si fermava, respirava lentamente ed osservava con discrezione ciò che lo circondava, poi nuovamente chinava il capo e riprendeva la sua scrittura.
Clara rimase incuriosita dal misterioso tizio e sovente staccava gli occhi dallo schermo del telefono per appiccicarli clandestinamente lì: a quel tavolo dove stava andando in onda qualcosa di non consueto.
Il cameriere servì la ragazza, omaggiandola a fine pasto anche con un profumatissimo liquore dal sapore delicato. La simpatica romana non era ancora in grado di riconoscere fino in fondo la situazione, ma intuì che gli istanti che stava vivendo dovevano chiaramente affondare le radici in qualcosa di speciale.
Con passo leggero camminò accanto al tavolo del ragazzo e si diresse verso la cassa del locale per saldare il conto, qualcosa fuoriuscì dalla sua borsetta: un lucida labbra cadde al suolo nella sua totale inconsapevolezza.
Il ragazzo con la consueta pacatezza raccolse lo stick caduto a terra e raggiunse Clara che proprio in quegli istanti stava per uscire dal locale.
« Credo che questo sia suo, l’ho visto uscire dalla sua borsa e poi cadere » le disse gentilmente il giovane uomo, porgendole con la mano aperta l’oggetto.
« Grazie, lei è davvero una persona gentile, che sbadata sono, non me ne ero minimamente accorta » replicò la donna.
Il ragazzo le sorrise armoniosamente, poi proseguì: « Credo che non sia la sola cosa di cui non si è accorta » disse enigmaticamente. Allegò immediatamente una delicatissima carezza sul mento della giovane, col dorso della mano, quasi a sfiorare appena l’epidermide.
Clara rimase in una stato di smarrimento per alcuni frangenti. Che cosa significava quella frase? Di che cos’altro non si era accorta? Quell’uomo così magnetico non aveva aggiunto nessuna spiegazione alla frase pronunciata, ma pareva così sicuro di quanto detto. Le sue movenze e suoi gesti emanavano un senso di pace difficilmente rintracciabile altrove.
Clara decise di andare a fondo: si accese una sigaretta e chiese al giovane di fare due chiacchiere con lei. Il ragazzo annuì con un semplice gesto del capo: ritirò il diario nella sua tracolla e indicò una panchina libera dall’altro lato della carreggiata.
Quella panchina divenne teatro di una lunga  e meravigliosa serie di confidenze. Un lento e progressivo scoprirsi reciproco fatto di un leggero tintinnio di parole alternato a silenzi e gesti pregni di emozioni.
La giovane laziale mise il primo piede nel mondo di Federico e viceversa, senza invadenza, con la delicatezza tipica di chi ti apre la porta confidando nel reciproco rispetto e nell’accortezza del muoversi nei meandri altrui sempre in punta di piedi.
Seguirono ben due settimane di quotidiani incontri nel medesimo luogo, alla medesima ora della sera: come se quel ricettacolo di pace fra gli alberi e il fruscio del vento fosse ormai diventato il  giardino segreto di Clara e Federico.
Inevitabilmente i sentimenti dei due crebbero esponenzialmente sino alla reciproca confessione di un chiaro interesse l’uno per l’altra.
Una sera, durante una passeggiata in centro ed un gelato gustato insieme di due si baciarono con forte passione. Clara rimase nuovamente spiazzata, come la prima sera dopo quella frase di Federico che tanto la scosse, quel criptico messaggio, rispettosamente pronunciato dandole del lei: « Credo che non sia la sola cosa di cui non si è accorta ».
Il motivo di tanto stupore risiedeva nel fatto che Fede baciava in modo non consueto, come se ogni bacio fosse l’ultimo della sua vita ma soprattutto come se non fosse un gesto abituale e quindi come se fosse alla scoperta di qualcosa di totalmente nuovo per lui.
Clara prese coraggio e una sera chiese più informazioni relative al passato di Fede.
« Non voglio farti del male, se ti dicessi tutto sulla mia vita, se ti rivelassi chi sono e da dove vengo credo che potrei scombussolare la tua vita, le tue abitudini….non ho alcun diritto di farlo, ti prego di prendermi così come sono, giorno per giorno, come se ogni istante passato insieme fosse un dono meraviglioso per entrambi ».
Il sangue di ragazza nuovamente si raggelò nelle vene. Cosa nascondeva Federico? Perché non parlava mai della sua esistenza in maniera approfondita?
Il tempo è il miglior saggio, sa sempre trovare la situazione adatta per donare risposte a domande poste quando la pianta non era ancora pronta a far cadere il frutto. Così una mattina apparentemente ordinaria Federico si offrì di accompagnare Clara a lavoro e si presentò con largo anticipo a casa sua. « E’ arrivato il momento che tu sappia, piccola…». Queste parole furono il preludio di una confessione destinata a cambiare per sempre la visione delle cose nelle mente e nel cuore di Clara.
Fede aveva tutte le ragioni del mondo nel mantenere un certo riserbo sulla sua provenienza: Federico non era infatti una persona qualunque, egli era uno spirito incarnato temporaneamente in un corpo umano con una ragione bene precisa. Raccontare una simile verità alla gente avrebbe comportato quanto meno lo scetticismo più duro (nella più rosea della possibilità) se non addirittura il rischio d’esser preso per un pazzo o un ciarlatano.
Per cui il ragazzo attese la maturazione del giusto momento e delle condizioni di fiducia necessarie ad una rivelazione così sconcertante. La mentalità umana crede spesso solo a ciò che può dimostrare coi sensi e cade nel più cieco materialismo. Federico dimostrò privatamente coi fatti e in modo inequivocabile la veridicità di ciò che stava raccontando.
Fede aveva passato anni incalcolabili in una “terra pura” (ciò che nell’immaginario collettivo è generalmente dipinto come un temporaneo “paradiso”), un non-luogo dunque, ma piuttosto una condizione spirituale temporanea in attesa dell’evoluzione interiore che esistenza dopo esistenza porta alla definitiva realizzazione… la fusione con la Luce innata dalla quale ogni cosa proviene.
In un condizione simile non v’è più la necessità di sperimentare la successione di vite condizionate da un corpo, ma come in ogni ciclo esistenziale non v’è eternità né staticità. Fede doveva ora affrontare un ostico “esame” di crescita spirituale: ri-sperimentare (seppur per un brevissimo lasso di tempo) i tormenti legati ai piaceri e alle sofferenze umane che da tempo immemore aveva abbandonato. Tutto ciò per essere di beneficio nella nostra dimensione, ma  soprattutto per mettersi alla prova, in attesa di tornare al suo percorso.
Un anno esatto: dodici mesi di prove come fame, sensi, desideri terreni ed ogni altra collezione dimenticata di peculiarità; tutte cose lontane da ciò a cui lui aveva fatto abitudine.
Potete immaginare in quale modo questa nuova realtà sconvolse la visione di Clara: non certo facile come ber un bicchier d’acqua per la giovane donna convivere con un mondo così sconosciuto. Anche per Fede le difficoltà non furono affatto poche, ma i due riuscirono, tassello dopo tassello, a realizzare un mosaico umano ed una relazione senza eguali.
Tutto andò avanti in un crescendo quasi concertistico per ben 11 mesi. Mancava ormai così poco al termine della permanenza terrena di Fede e Clara s’interrogò ovviamente sul futuro. Chiese al ragazzo se tra le possibilità a lui concesse vi fosse quella di restare: « Mi sento quasi malata d’egoismo nel chiedertelo, ma sarei  ipocrita se tacessi il sogno che più volte ho accarezzato. Quello di poterti avere con me ».
Fede rispose con un filo di voce tremante e frantumato dall’emozione: « Quello che abbiamo condiviso è indescrivibile, io stesso non sentirei affatto il peso della rinuncia sapendo che la controparte sei tu. Piuttosto invece mi sento io l’egoista, perché questo significherebbe, come spesso ti ho detto, rovinare la tua vita. Non ho un lavoro, non ho conoscenze né competenze di alcun tipo in ambito umano. Ho dimenticato tutto ciò che concerne la vita come qui la concepite. Non posso offrirti un futuro se non il pesante fardello di farmi da baby sitter , dato che sono un patetico disastro e dovrei rimparare tutto da capo! Capisci? Mi sento come un neonato spaesato imprigionato nel corpo di un ultra trentenne ».
Clara aveva gli occhi bagnati, abbassò la testa: « Scusami tesoro, non avrei neppure dovuto chiedertela una follia simile…perdonami ». Federico intervenne con dolcezza: « No, piccola, non fare così, manca ancora un mese ed io dovrò comunque tornare a Tushita, la condizione da dove provengo, domani stesso e per un periodo di 15 giorni. Lì mi confronterò e poi tornerò nuovamente qui per le ultime 2 settimane. Rimandiamo entrambi la decisione al mio ritorno, è la cosa più saggia. Queste due settimane di lontananza serviranno ad entrambi per far chiarezza, per capire realmente cosa vogliamo, quanto siamo disposti a sacrificare della nostre esistenze in nome dell’altro ».
La ragazza sorrise ed annuì gioiosamente: « Sì, approvo! E’ senza dubbio la scelta più saggia. Posso già dirti che questi giorni lontana da te mi peseranno terribilmente ».
Fede estrasse il suo inseparabile diario, quello che non aveva mai abbandonato, sin dalla prima sera al ristorante giapponese: « Prendilo. Tienilo con te, contiene i miei pensieri, ciò che ho osservato da quando sono qui. C’è anche la descrizione di ciò che ho visto in te la prima sera, quando mangiavi sushi e mandavi messaggini alle tue amiche ». Clara interruppe Fede con una risata fragorosa, poi il ragazzo riprese: « Da domani sarà il tuo diario di bordo, scrivimi ogni giorno se ti fa piacere. Scrivimi un pensiero, una lettera, o semplicemente raccontami cosa stai facendo mentre mi aspetti.
Leggerò tutto e sono certo che ogni cosa sarà più chiara per entrambi. Non ci faremo mai del male, l’amore non è mai male ».
Fede si allontanò dalla panchina, abbracciò con tutto l’ardore possibile Clara e disse una nuova frase apparentemente enigmatica. « Non lasciare che l’attimo non colto diventi rimpianto. Vivi con consapevolezza istante per istante. Respiriamo oltre 21 mila volta al giorno, ciò significa che abbiamo 21 mila opportunità al giorno di rinascere come desideriamo. Questo ho imparato a Tushita. Tu non scordarlo piccola ».
Il ragazzo si voltò e sparì dissolvendosi gradualmente come le luci cangianti di un arcobaleno che si manifesta per poi trasformarsi in altro.
Clara strinse forte il diario al petto e tornò a casa con la viva intenzione di scrivere in quelle pagine tutto ciò che provava.
Il primo giorno trascorse rapidamente, ma la tristezza della ragazza le impedì di trovare la forza di scrivere qualche cosa di ispirato. Nei 3 giorni successivi Clara  andò a fare visita ad una sua cara amica nonché ex-collega di lavoro: le due ragazze si divertirono molto. Clara, in vista dell’imminente matrimonio dell’amica, l’aiutò a scegliere il vestito più adatto. Durante quel week- end Clara pensò più volte che avrebbe dovuto incominciare a scrivere qualche cosa, ma l’euforia per l’amica aveva al momento “scavalcato” la priorità di comunicare con Federico. « Ci penserò al rientro » disse più volte tra sé e sé quasi a volersi auto-giustificare.
Il Lunedì successivo, sul lavoro, il capo di Clara le donò una busta contenente un premio produzione: una settimana di vacanza extra in uno dei più lussuosi centri benessere convenzionati con l’azienda per la quale lavorava. La ragazza fu al settimo cielo: « Finalmente è toccato a me! Tutti gli anni ho sempre visto gli altri godere di questo premio ».
Così non si fece pregare, riempì la valigia in fretta e furia e partì per la residenza termale.
Intanto le pagine del diario di Fede continuavano e restare bianche e spoglie come un manto di neve che ancora attende la prima orma di suola. «Probabilmente in vacanza troverò la giusta ispirazione per scrivere qualche cosa di carino a Federico » pensò con sempre meno convinzione Clara.
I giorni si susseguirono, la fortunata vacanziera conobbe gente nuova, si sentì appagata dalle lusinghe e dagli apprezzamenti di ragazzi appena conosciuti e sicuramente meno “complessi nell’approccio” rispetto a Fede. Certo, era tutto più facile con ragazzi dal corteggiamento immediato e molto diretto. Confort, bella vita, comodità e nessuno sforzo o rinuncia da fare per guadagnarsi l’ebbrezza di quel sentimento vero quanto difficile. Tutto come in una fiaba. Beh, forse mancava quell’alchimia unica provata nei mesi precedenti con Federico, ma Clara non sembrava accorgersene ed il ricordo di ciò che soli poche giorni prima aveva vissuto affievolì inconsapevolmente come la luce di una lampadina che sta per esaurirsi.
La distrazione e la scarsa presenza mentale è spesso automatica quando si è eccessivamente auto-indulgenti nei confronti del proprio operato.
In un battibaleno Clara si rese conto che mancava ormai un solo giorno al ritorno di Fede, si mise al tavolo cercando di scrivere qualcosa ma nuovamente si fece distrarre da mille chiamate della migliore amica e dei nuovi amici conosciuti in vacanza. Cercò di ricordare il volto di Federico nella speranza di scrivere qualcosa di speciale, ma anche quel tentativo fallì. Infine decise di guardare un film romantico: « Questo mi darà i giusti spunti, ne sono certa ».
Clara si addormentò col diario aperto sulle ginocchia e la tv accesa, sbadigliando sussurrò: « Domattina scriverò due righe per lui, all’alba, prima che si sia presentato da me » e così chiuse gli occhi sicura.
Federico comparve con un giorno d’anticipo, forse colto dal presagio di come la situazione era evoluta. Entrò in forma “incorporea” nella stanza di Clara e vide fotografie che la ritraevano negli ultimi giorni. Faticò molto a riconoscerla, dal modo di vestire che era divenuto molto più sofisticato a quello sguardo che tanto lo aveva rapito: la luce negli occhi della donna era un poco diversa.
La trovò profondamente addormentata sul divano con la tv accesa. Il diario che le aveva affidato era caduto per terra, inesorabilmente vuoto di qualsivoglia macchia d’inchiostro. L’ultima pagina scritta era proprio quella utilizzata dal giovane uomo e riportava uno schizzo a matita raffigurante il volto di Clara e due frasi: « Credo che non sia la sola cosa di cui non si è accorta ». ed ancora. « « Non lasciare che l’attimo non colto diventi rimpianto. Vivi con consapevolezza istante per istante ».
Fede si chinò, raccolse il diario e scrisse lui stesso una lettera: « Eccomi, sono tornato piccola, mi è spiaciuto molto vedere queste pagine vuote, ma non te ne faccio una colpa, anzi: se davvero una colpa esiste è solo mia: ti ho cacciata in una faccenda così complessa e non ne avevo il minimo diritto…scusami tanto. Non dimenticherò mai i giorni che abbiamo passato insieme ed ora che tornerò a Tushita ogni volta che mediterò il tuo volto mi apparirà esattamente come la prima sera in cui ho cercato di imprimerlo sui fogli.
Grazie di avermi donato una parte della tua vita, la tua parte più vera. Ti auguro una serie di vite meravigliose dove magari ogni tanto il ricordo di me ti venga in sogno…a me accadrà senz’altro.
Un giorno ci rincontreremo e giuro che allora ti dirò cosa volevo dirti con quella frase, nel frattempo vivi solo il presente. Non dimenticarti nessun attimo, non dimenticarti l’attimo non colto. Ciò che ti manderà avanti è l’amore, c’è solo l’amore.
Solo l’amore. Federico. »
Fede posizionò il diario sulle ginocchia di Clara e le diede un bacio leggero, l’ultimo, mentre le labbra di Clara ancora dormivano sognando il domani.
Poi voltò le spalle, le sorrise un’ultima volta: « ti voglio bene, piccola testona, la vita è solo una questione di attimi non colti ».


 - ALESSANDRO DE VECCHI - ©