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martedì 24 dicembre 2013

il vero dono....


Eccoci: è arrivato quel periodo dell’anno che spesso divide le persone in due categorie nette: c’è chi ama questo “clima festivo” e chi lo detesta o lo ritiene eccessivamente retorico e zuccheroso. Vi è chi si mimetizza fra mangiate, pacchetti, addobbi e luci e chi invece (magari anche per la mancanza di qualche familiare venuto a mancare) rifugge volentieri da una sovraesposizione spesso forzata di filantropia incrostata da buonismo.
Non credo di appartenere a nessuna delle due sopracitate categorie: semplicemente (nel limite delle mie capacità umane) vivo moralmente ogni giorno come se fosse un giorno importante…fondamentale.
Settimana scorsa ho scelto deliberatamente di passeggiare un po’ in solitaria per le vie del centro della mia cittadina ed osservare tutto ciò che i miei sensi potessero catturare. Spesso mi sono fermato ed ho fatto mentali radiografie umane: persone in preda all’ansia del regalo, una corsa contro il tempo e contro la crisi che morde e dopo 5 lunghi estenuanti anni non accenna a diminuire.
Sguardi tesi, bulbi oculari al limite dell’apertura antropomorfa. Fiati corti. Andature spedite e nervose. Tacchi ritmati sui marciapiedi. Padiglioni auricolari sfiancati da canzoncine gettate in faccia da 100 watt buoni per cassa.
Ai margini di questo circo colorato ho scovato un uomo anziano seduto su un gradino. Una fisarmonica tra le mani e guanti con le dita tagliate a metà per donare un po’ di tepore agli arti, ma al contempo permettergli di suonare.
Da quello strumento fuoriusciva una melodia che tanto ricordava la Parigi dei pittori e degli artisti di strada. Barba canuta, sguardo fiero e dignità da vendere.
Il piattino delle monete era però vuoto e la gente spesso lo ribaltava distrattamente coi piedi.
L’uomo interrompeva  il musicare di tanto in tanto: sembrava voler osservare, voler capire cosa spingesse tutta quella folla a non assaporare ciò che già ha.
Sono passato diverse volte, avanti ed indietro, in quel vicolo stretto per guardare quell’anziano musicista, non so spiegare il perché …forse ne ero  a modo mio affascinato. O probabilmente poiché  ho sempre creduto che siano i cosiddetti “ultimi” a darci le più grandi lezioni, lontani dai riflettori, dalle luminarie dorate e dal pettegolezzo mondano.
Avevo in tasca due monete, mi sono curvato: le ho posate nel piattino ed il tintinnio si è per un istante miscelato all'eco della fisarmonica ferma.
Mentre mi riportavo in posizione eretta i nostri sguardi si sono incrociati: l’anziano aveva cessato la melodia, mi ha guardato dritto negli occhi quasi scavando dentro con l’intenzione di leggere ciò che nascondono. Le sue mani si sono giunte all’altezza del cuore in un gesto di saluto e ringraziamento. Nel vicolo è risuonata solo la sua voce: consumata, baritona, profonda. Una frase ha colmato il silenzio musicandolo: “Grazie. Il cielo ti benedica. Buona vita”.
Cosa ricorderò di queste feste? Qual’è il regalo più prezioso? Non ho dubbi: è ciò che ho ricevuto da quell’uomo di cui non conosco neppure il nome.
Buona vita a tutti.

ALESSANDRO  DE VECCHI

venerdì 6 dicembre 2013

Dritto verso l'essenza



Oggi ci ha lasciato Nelson Mandela. Per quanto mi riguarda non servono esercizi retorici, la sublimità dell’uomo in questione parla da sé. Voglio piuttosto dedicare una serie di istantanee spontanee a quel mondo che lui stesso ha sognato e dato forma, grazie alla suo agire.
Alcuni anni fa mi capitò di assistere al seguente discorso, non ricordo con precisione chi pronunciò queste parole introduttive, ma ricordo che il focus della discussione era la “grandezza umana”. Rimasi talmente colpito da quel che udii che mi annotai ogni vocabolo. La conversazione fu pressapoco questa: “Cesare Pavese diceva che ‘la maturità sta nel togliere, nello sfrondare’, cioè solo quando si è leggeri si può essere realmente profondi, si può essere realmente veri. Ma per poter arrivare a questo ci vuole studio, ci vuole grande cultura, ci vuole sensibilità. In questo mondo, il nostro mondo, pieno di rumori, spesso pieno di parole vuote, prive di significato, essere semplici è il modo migliore ma anche il più difficile dei punti d’arrivo, è la prerogativa dei grandi, dei grandi uomini e dei grandi artisti”.
Da allora mi capita spesso di andare alla ricerca dell’essenziale, non so con quali risultati, ma sento frequentemente  l’inarrestabile esigenza di “sforbiciare orpelli” per giungere al nocciolo, all'essenza innata di ogni cosa.
Ecco perché, senza pretesa alcuna, mi capita di girare con un block notes. Di tanto in tanto mi fermo, mi siedo dove capita per “fissare” estemporanei pensieri che mi nascono dentro, “aforismi”  o semplici lampi …è con piacere che ne lascio qui oggi una mia manciata, come fossero semi sparsi al vento che quest’ultimo porterà un po’ ovunque e matureranno laddove menti e cuori saranno predisposte a farlo.


"La mia più grande paura non è affatto la morte, bensì l'indifferenza: la morte giunge una sola volta a differenza dell'indifferenza, la quale uccide ogni giorno...a colpi di silenzio"


"La vita non si subisce, si celebra. La vita non si sfoglia, si scrive..."


“Ogni rapporto umano, è simile alle nacchere: per funzionare è indispensabile che entrambe le parti convergano



“Ricordo quel giorno in cui mi sentivo vittima del fatto che spesso la riconoscenza non fa parte di questo mondo e che alcune persone sembrano dimenticare in fretta la spalla che gli hai offerto. Un maestro straordinario si accorse del mio stato d’animo e mi diede un grande insegnamento dicendomi: non giudicare l’operato altrui, occupati della tua coscienza…quando fai del bene dimenticatene in fretta e quando invece procuri un danno non dimenticare mai la lezione”.

“Sorridi. Sorridi a prescindere: chi ti vuol bene verrà contagiato dalla tua serenità e ne beneficerà di riflesso. Chi ti detesta capirà quanto veleno sta inutilmente iniettando a se stesso”.

“Ciò che chiamiamo sogno altro non è che una proiezione di noi stessi riflessa su uno specchio la cui superficie è spesso oscurata da veli prodotti dai nostri occhi aperti....talmente spalancati e distratti da non essere più in grado di riconoscere la realtà interiore…

“Una fortuna egoisticamente tenuta stretta al fine di goderne privatamente è paragonabile ad un fiore reciso da un prato, sottratto alla gioia della visione collettiva".

Le parole sono importanti, è innegabile...ma lo sono solo quanto lo è un contenitore: la vera preziosità non risiede nella brocca, bensì nell'acqua in essa contenuta.


“Ho speso gran parte dei giorni ostinandomi a suggerire alla vita chi io fossi e quale fosse il mio ruolo...poi un giorno spontaneamente ho sposato il silenzio, scoprendo come quel continuo bisbigliare m'impedisse di udire ciò che già da tempo l'esistenza mi stesse a sua volta comunicando”.


“Quando si è in grado di fare un elenco di ragioni per le quali si vuol bene ad una data persona significa che quel bene è 'a scadenza': terminerà quando quelle qualità elencate saranno cambiate. Quando invece si vuol bene senza capirne la ragione, significa che quel bene è autentico”.

“Spesso dietro all'ottimismo ‘forzato’e a ‘tutti i costi’ si nasconde ancora più infelicità. Ciò di cui abbiamo bisogno non sono sorrisi artificiali, ma serenità naturale...”.

“Cambiare la propria mente significa spesso mutare direzione alle vele, poichè il vento c'è per tutti, sono unicamente le vele che spesso sono posizionate in modo poco proficuo”.

ALESSANDRO  DE VECCHI

lunedì 11 novembre 2013

Le risposte del silenzio




L’aria pungente di Novembre somiglia tanto ad un colonnello che con aria severa ti mantiene vigile e sveglio durante la marcia.
La suola delle tue scarpe da ginnastica appoggia tutta la sua superficie e ritmicamente si distacca dall’asfalto un po’ umido delle prime ore del mattino. La tua tuta (ampia, morbida ed accogliente…persino un poco “materna” nel suo interno felpato riscaldante) non si preoccupa affatto di essere “cool”, poiché non è minimente interessata agli sguardi furtivi che incrocerà nel contempo.
Correre alle 6 e 30 del mattino è soprattutto questo: un atto liberatorio, qualcosa che ti riporta al contatto ancestrale con te stesso. Le penombre ti infondono sicurezza, gli alberi scossi dal vento sembrano incoraggiare i passi veloci. Quando poi l’andatura aumenta e i piedi si scollano per un attimo dal suolo ti pare ti volare, la legge di gravità per un istante almeno è annullata…non ti senti più schiacciato, oppresso dal peso di un cielo che sembra galleggiare lassù, ponendo però tutto il suo carico sulle tue ossa.
Il respiro affannoso copre il volume della musica negli auricolari: ma tu vai avanti, la voglia di scrollarsi di dosso l’angusto e triste buio delle ultime settimane è troppo forte per cedere ai primi fiatoni.
Una panchina: due istanti di sosta e contemplazione e si riparte, la vita non si ferma affatto quando sei provato, in difficoltà e vorresti scendere anche solo per un break… e così questa volta sarai tu a non dare il minimo spazio ai pensieri più oscuri.
Un lutto inaspettato, due pesanti situazioni fisiche affrontate nell’arco di quattro settimane, roba da mandare il morale negli scantinati più polverosi e depressi. No, grazie! Non ho più alcuna intenzione di dare altro spazio a tenebre e momenti tormentanti, nessuna possibilità di replica per loro, che tengano pure i propri echi nelle proprie gole.
Si prosegue lungo viali ed incroci. Gli occhi vispi di un gatto lampeggiano come fanali fra i ciuffi d’erba di un giardino casalingo: le prime saracinesche si sollevano e un'altra giornata lentamente sembra mettersi in moto.
C’è chi ancora sotto le coperte muove i propri occhi con la ciclicità della propria "fase r.e.m" e chi invece non ha potuto farlo poiché disperatamente orfano anche dell’ultimo sogno rimastogli. Vi è chi progetta scenari futuri e chi invece spera almeno di vivere un “oggi” che sia degno di ogni essere senziente. E infine ci sono anch'io, che unicamente corro…non per scappare, non per andare da qualche parte in particolare, solo per ricordare a me stesso che sono ancora vivo: senza necessità di andare né venire. Semplicemente essere.
La strada non mi fa domande ed ha il meraviglioso “vizio” di saper ascoltare, di questo le sono infinitamente grato.
Un sorriso largo mi piega la pelle mentre quest'ultima si porta a casa ogni pensiero. Non ho dubbi: vorrei solo saper essere leggero nei riguardi di ogni cosa pur non essendo mai superficiale nei confronti di nulla.

ALESSANDRO DE VECCHI

sabato 5 ottobre 2013

La strada: un’università di vita quotidiana.





“Ce ne siamo andati dalla classe
dovevamo allontanarci da quegli indottrinati.
Abbiamo imparato più da un disco di tre minuti
che da tutto quello che abbiamo studiato sui banchi.
Stanotte mi arriva il suono della batteria del mio vicino
posso sentire il mio cuore che inizia a pulsare
tu dici che sei stanca e vuoi solo chiudere gli occhi
e seguire i tuoi sogni fino in fondo.
Abbiamo fatto una promessa
abbiamo giurato che l’avremmo mantenuta
nessuna ritirata, credimi, nessuna resa”.
Così cantava ringhiando e trasudando coraggio “the Boss” Bruce Springsteen, nella celebre “No surrender”.
Ed ancora: “Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse… E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti??? Venite a vedere voi stessi!! Coraggio!! E’ proprio quando credete di sapere qualcosa, che dovete guardarla da un’altra prospettiva, anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovrete provare. Ecco, quando leggete per esempio, non considerate soltanto l’autore, considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice che molti uomini hanno vita di quieta disperazione.
No! Non vi rassegnate a questo! Ribellatevi!
Non affogatevi nella pigrizia mentale. Guardatevi intorno!
Osate cambiare. Cercate nuove strade.”
Questa è invece l’autorevole esortazione che il professor Keating (Robin Williams ne “l’attimo fuggente”) rivolge ai suoi giovani e promettenti studenti.
La strada come maestra di vita, come università dell’esperienza diretta: questo è il concetto più volte menzionato fra quelle parole o fra le evocazioni di innumerevoli artisti, autori e registi che sull’anticonformismo, nonché sulla personale ricerca, hanno eretto il proprio tempio interiore.
Ho ricordato questi esempi poiché sono giorni che ripenso ad un’esperienza capitatami quest’estate.
Mi trovavo in vacanza in Toscana, a Pomaia (frazione di Santa Luce, in provincia di Pisa), avevo assistito nelle precedenti giornate a significativi insegnamenti donatici da importanti maestri orientali ed occidentali.
L’ultima serata di quel soggiorno fummo ospiti di Walter ed Antonella: una coppia di amici davvero straordinari che possiede un grazioso appartamento a Castellina, nei pressi del borgo citato precedentemente.
L’atmosfera quella sera era particolarmente giovale e rilassata: si argomentava di questioni semplici ed apparentemente banali, quando ad un certo punto la discussione, non ricordo per quale strana ragione, virò sulle extra-sistole cardiache e sulle fastidiose ripercussioni che queste implicano sulla qualità della vita. Antonella mi raccontò di aver spesso a che fare con questo problema. Le extra-sistole sono un fenomeno di alterazione del battito cardiaco (nella maggior parte dei casi benigno e assolutamente non grave, ma comunque in grado di renderti la vita difficile e di spaventarti moltissimo). Il ritmo del muscolo cardiaco improvvisamente “perde” un battito procurandoti per meno di un secondo una sensazione di “vuoto” e “tuffo al cuore”, durante il quale l’impressione che si avverte è la mancanza di respiro e l’esagerata paura d’un imminente arresto cardio-circolatorio.
Antonella mi raccontò come le prime volte in cui provò queste sensazioni fu letteralmente in preda al panico e la cosa mi rimandò ai miei trascorsi.
Le raccontai infatti che 13 anni orsono (quando avevo 23 anni), a seguito di alcuni svenimenti, dovetti sottopormi ad un esame invasivo al cuore e li feci la scoperta di avere una malformazione congenita. Fu necessario un intervento di ablazione con una sonda che attraversando la vena safena della mia gamba destra giunse al cuore, intervenendo con radiofrequenza dove il problema congenito risiedeva. Da allora la problematica è risolta, anche se spesso soffro anch’io di queste fastidiose extra-sistole, specialmente di notte, in alcuni periodo dell’anno mi rendono il sonno un vero incubo!
La discussione continuò con un reciproco rassicurarsi tramite consigli mai banali (evita la caffeina e il tabacco, ecc..). Ad un certo punto Walter intervenne con un suo aneddoto che mi affascinò al punto tale da essere ancora in questo preciso momento fonte di ispirazione e di un serafico sorriso, uno di quelli così larghi e spontanei in grado di farti fare pace con la vita.
Con un candore insospettabile infatti Walter prese la “matassa” del discorso e si lasciò ad una confessione che ricordo ancora in ogni singolo vocabolo…disse: << Sapete, anche a me una sera è capitata una cosa simile ed ho avuto la sensazione di morire lentamente e in modo consapevole. Ero sdraiato sul divano con il mio cane Axl che dormiva al mio fianco. Ero tuttavia ancora cosciente e non del tutto addormentano: tutto ad un tratto sentii un forte senso di occlusione al petto legato alla fatica di respirare liberamente, pensai tra me e me :‘sto avendo un infarto’. Il dolore al centro del petto aumentava e non avevo neppure la forza di svegliarmi ed afferrare il telefono.
Poi mi lasciai andare e arrivai a pensare: ‘ se per caso sto morendo devo ammettere d'esser sereno, ho avuto una vita splendida, una compagna meravigliosa, una figlia di cui sono fiero ed un cane che amo, non rimpiango nulla e sono grato di aver vissuto un’esistenza così fortunata e significativa’. Pochi istanti dopo il dolore svanì, ma quella sensazione di pace e serenità mi accompagnò tutta la notte >>.
Poche parole, nulla di filosoficamente sconcertante, eppure quella lezione è rimasta nella mia intimità come una scheggia d’oro che non intendo estrarre né rimaneggiare. La lascio lì, a ricordo di una serata come tante, che mi ha donato però qualcosa a cui non si può dare prezzo.
Ho osservato Walter con occhi nuovi: la mia non era invidia, l’invidia è un sentimento negativo. La mia era ammirazione… sincera, veritiera, vigorosa. La mia era la capacità di aver realizzato che  lo scopo dell’esistenza è tutto condensato qui: in questi pochi pensieri di chi se fosse arrivato l’ultimo atto sarebbe pronto a dire: “sono sereno e pieno di gratitudine”.

-ALESSANDRO DE VECCHI-


venerdì 6 settembre 2013

Come un ponte tra due lembi di terra

Buon giorno amici? Come state? Solitamente Settembre non ha l'abitudine di bussare alle nostre porte per prepararci al cambiamento....piuttosto è simile ad un improvviso ed inaspettato nuvolone, che proprio nel bel mezzo di una graziosa camminata fra sentieri pacifici e vedute mozzafiato, ci intima di tornare alla "base" anzichè rischiare l'infradiciamento fantozziano.
Quest'anno scrivo più di rado: è una scelta voluta, ho deciso d'intervenire solamente quando sento una autentica e spontanea necessità di lanciare un messaggio nella bottiglia. Forse meno parole, ma più consumo della retina oculare per scrutare a fondo il mondo ed il prossimo che mi e ci circonda. Più tatto per stringere mani "nuove e sconosciute". Più olfatto per farmi inebriare da odori noti o meno noti. Più gusto per andare alla scoperta di fette di mondo gastronomico mai esplorate dalla lingua, più timpani per udire e discernere frequenze vibrazionali alle quali solitamente non si fa caso. Più mente per spaziare oltre i selciati prestabiliti.
Spesso alcuni scrittori divengono come miele per le api, taluni sono davvero validi, tal altri assomigliano tanto allo standarizzato miele da supermarket (senza alcuna mancanza di rispetto per il miele dei supermercati, che io stesso spesso acquisto dal momento che non sono Paperon de Paperoni, ma la coscienza di quanto differente sia la consistenza di un miele non industriale...beh quella credo l'abbiamo tutti).
Ebbene nel mio piccolo vorrei provare ad essere esattamente come quel minuscolo barattolino di miele appena colto, senza codici a barre, privo di etichette...da consumarsi nei tempi giusti, preferibilmente in una tazza di latte naturale o su una morbida fetta di pane fragrante ed ancora caldo.
O forse vorrei assomigliare ad un ponte tra due lembi di terra, il lembo del passato e quello del futuro, laddove il ponte che li collega rappresenta esplicitamente l'imprescindibile passaggio del tempo presente.
Vi dovevo queste parole cari amici, quanti le leggeranno non ha importanza per quanto mi riguarda: ho finalmente imparato a non misurarmi più con gli scarni numeri, ma semplicemente con l'effetto che la parola giusta pronunciata al momento giusto può avere su una persona che in quel momento ne necessita, (gli antichi greci chiamavano questa qualità "senso del kairòs" ). Anche questa è compassione, anche questo ci può far sentire utili e, qual ora possiamo esserlo anche solo per una persona, allora ogni piccolo sforzo non sarà vano. Sarà questo il vero successo? Non sono nessuno per dirlo, ma credo di sì: qualcuno (la cui sapienza è stata definita "oceano di saggezza") ha detto che l'umanità non ha bisogno di NUOVI PERSONAGGI di successo, ma di PERSONE NUOVAMENTE votate all'amorevolezza autentica e disinteressata.

Un abbraccio. ALESSANDRO DE VECCHI

martedì 6 agosto 2013

Dalla pancia al cuore....


Oggi scrivo. Così, senza una ragione apparente. Scrivo perchè mi va, "di pancia", d'istinto, perchè non sono mai riuscito a farne a meno. Scrivo perchè è un'esigenza quasi fisiologica. Scrivo perchè l'ho sempre fatto (bene o male non sta a me dirlo).
Da ragazzino ero talmente timido che alla "fidanzatina" di turno consegnavo lettere scritte a mano, a fine giornata, quando era il momento dei saluti....su tali lettere c'erano impressi i miei sentimenti, le mie impressioni e spesso mi sentivo dire: << Mi hai commosso! Perchè non mi hai detto a voce queste cose? >>. Non lo conoscevo neppure io il motivo, le parole restavano lì: appiccicate alla lingua, in procinto d'uscire dalla faringe, ma poi la timidezza prendeva il sopravvento e allora a "sbrogliare la matassa" ci pensavano il signor foglio e la signorina penna.
E' un' estate rovente: l'asfalto sembra liquefarsi insieme ai pensieri, è assurdo pensare già all'autunno, eppure in questo momento mi viene
spontaneo farlo. L'autunno è la stagione della semina, si dice che un buon raccolto dipenda da una semina intelligente e laboriosa...ebbene, io inizio a incanalare le forze per tale semina.
Ho cominciato già a Luglio per la verità, con un ritiro di meditazione guidato da Lama Rabsel (un maestro di tradizione tibetana "Karma Kagju"). Ho vissuto 4 splendidi giorni alle pendici dei monti della Val Antrona, in un villaggio dove le parole "comunità" e "collettività" non sono retaggi di un passato utopista, ma una realtà fatta di compassione, impegno e valori umani quotidiani.
Ho iniziato a capire che occorre innanzittutto dare e "darsi" senza sempre attendere o dare spazio ad aspettative.  Ho, anzi, abbiamo (perchè il gruppo è il cuore pulsante) meditato, lavorato in cucina, tagliato legna, passeggiato e scrutato negli abissi della mente, quel "mentare" (così viene definito il "lavorio" cosciente nel Dharma), che solitamente si rincorre senza tregua, ma che per qualche istante si è invece rivelata simile ad un bicchiere i cui sedimenti si depositano sul fondo... mostrando acqua pura e trasparente.
Il villaggio si chiama Bordo di Viganella, è situato a pochi minuti da Villadossola (Vb) e porta ancora il marchio indelebile dei suoi "padri": degli idealisti hippie svizzeri che negli anni '80 ristrutturarono case e terreni ormai disabitati e dimenticati dagli italiani, questi ultimi attratti dalle "sirene" di una vita più lussuosa lo avevano completamente abbandonato al proprio declino.
Qui potete ammirare un video che vi mostra alcune immagini di Bordo (in alto ho postato alcune foto scattate invece durante il ritiro).

Una cosa fondamentale che ho compreso è che un ritiro non è mai un atto egoistico, non ci si "ritira" affatto dal mondo, nè si fugge alle proprie responsabilità o alle difficoltà (fosse anche solo per pochi giorni).
Al contrario: restare "con se stessi", faccia a faccia con le proprie imperfezioni, imparare ad accettarle e trasformarle è il primo atto di "altruismo" per "restituirsi" poi alla società intera con ancora più slancio e generosità. Per essere chiari: non sto parlando affatto di religione, nè di dogmi o di un cieco bisogno di  spiccia spiritualità, sto bensì accennando alla compassione, all'amore e all'altruismo: qualità che ogni essere umano possiede in un lato più o meno accessibile del proprio essere.
Una mente chiara è una mente capace di donare e donarsi senza remore. E' agosto e amici miei, che mi stiate leggendo in 2 o in 200 per me non fa differenza: ho una scorta d'entusiasmo che vorrei trasmettere a chiunque, ho nel cuore un nuovo progetto, l'idea e la trama di un nuovo romanzo che intendo scrivere.
Non so quando inizierò a farlo e quanto tempo necessiterà tutto ciò, ma sento che una nuova avventura sta per "salpare" e posso solo augurarmi che le pagine che nasceranno possano essere di beneficio per il maggior numero di lettori possibili.
Un abbraccio sincero.

ALESSANDRO DE VECCHI


lunedì 1 luglio 2013

L'arcobaleno vivente



Eccomi, eccoci....
è trascorso molto tempo senza che passassi di qui a lasciare tracce, non perchè non avessi nulla da dire, anzi.... i pensieri e le emozioni che stavo vivendo in quei giorni erano così caldi ed ingarbugliati da impedirmi di maneggiarli senza scottarmi, nel tentativo di distribuirli in semplici parole.
Blocco dello scrittore? Non lo so, sorrido perchè non ho neppure l'arrogante pretesa di definirmi tale :-)
Fatto sta che ho lasciato "decantare il momento" dalle stesse lancette d'orologio che danzavano: l'ennesimo epico concerto di Bruce Springsteen condiviso con 70 mila anime in quel di San Siro, l'incontro con il Lama tibetano che 2 anni orsono è entrato nella mia vita per capovolgere alcuni miei schemi mentali fin troppo radicati...questi ed altri eventi mi hanno scosso come brezza piacevole in tutto il mese di Giugno, dimostrandomi e ricordandomi che la felicità non è nulla che si possa conquistare, bensì è qualcosa già presente ad ogni passo e che in realtà è costantemente viva sotto i nostri occhi (ciechi come un'eclissi solare).
Un abbraccio a tutti coloro che stanno leggendo queste righe (Alessandro De Vecchi).

LA FELICITA’ (Gendun Rinpoche)
Non cercate la felicità attraverso lo sforzo e la volontà.
Essa è già presente qui e ora, nell’apertura al rilassamento e al lasciar andare. Non sforzatevi, non c’è proprio niente da fare o da non fare.
Qualunque cosa si manifesti nel corpo e nella mente non ha alcuna importanza, perché non ha alcuna realtà sostanziale. Perché dunque identificarcisi ed attaccarvisi?
Perché giudicarla e giudicare sè stessi? E’ molto meglio semplicemente lasciare che l’intero gioco accada da solo, avanti e indietro come le onde, senza manipolare e cambiare nulla, notando come tutto scompaia e riappaia, continuamente, magicamente, senza una fine.
Solo la nostra ricerca della felicità ci impedisce di vederla. E’ come inseguire un arcobaleno senza poterlo prendere. Sebbene non esista, esso è sempre lì e ci accompagna continuamente. Non dovete credere alla realtà delle esperienze,buone o cattive; anche esse sono come arcobaleni. Volendo afferrare l’inafferrabile ci si esaurisce invano.
Nel momento in cui ci si apre e si abbandona la presa, si manifesta uno spazio infinito, aperto, invitante e confortevole. Fate uso di questa spaziosità, questa libertà e questa agiatezza naturale.
Tutto quanto è già vostro, non cercate più. Non vi addentrate più nella giungla inestricabile cercando il grande elefante risvegliato, quando esso riposa tranquillamente a casa, davanti al vostro cuore.
Niente da fare o non fare, niente da forzare niente da volere, niente che manchi.
Meraviglioso!Tutto accade da sé, facilmente e liberamente.

martedì 21 maggio 2013

Svuota la tua mente prima che essa svuoti te.....


 

Dove ci eravamo lasciati? Ah, sì perfetto: il mese scorso si parlava di questo blog, del senso che può avere uno spazio simile e della sua utilità in una società sempre più imperniata sull’egoico concetto di sopravvivenza del singolo, in un contesto che definire confuso e frenetico è dir poco.
Cosa ho fatto nel frattempo? Nulla e Tutto!  Tutto e Nulla non sono due concetti antitetici o contrastanti, anzi, spesso sono la medesima cosa e coincidono armonicamente. Siamo noi che dobbiamo superare le nostre visioni dualistiche, quelle con cui abitualmente cataloghiamo ogni cosa con giudizi ed etichette come: “buono-cattivo”, “giusto-sbagliato”, “bello-brutto” e così via…
Nulla e Tutto dunque, o viceversa: ecco cosa ho svolto in questi giorni mentre "svuotavo" un poco la mente sollevando polveroni di concetti ormai datati. Credo che dopo un po' di silenzio ogni parola pesi il doppio, perciò sono partito da questa bella storiella popolare per ritornare a me stesso ed all’unione con l’Uno che ci circonda e che ci inonda al tempo stesso.

Un filosofo si recò un giorno da un maestro zen e gli disse:

"Sono venuto a informarmi sullo Zen, su quali siano i suoi principi ed i suoi scopi".
"Posso offrirti una tazza di tè?" gli domandò il maestro. E incominciò a versare il tè da una teiera. Quando la tazza fu colma, il maestro continuò a versare il liquido, che traboccò.
"Ma cosa fai?" sbottò il filosofo. "Non vedi che la tazza è piena?"
"Come questa tazza" disse il maestro "anche la tua mente è troppo piena di opinioni e di congetture perché le si possa versare dentro qualcos'altro.
Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?". 



P.s: Ops, dimenticavo...  da oggi il mio libro partecipa ad un concorso nazionale per romanzi e racconti: se cliccate sul link vi appare l'anteprima del libro, iscrivendovi al sito e lasciando un commento all'anteprima potete fare da "talent scout" e darmi una grossa mano ....ringrazio chiunque abbia il buon cuore di farlo ;-)
Un abbraccio  - ALESSANDRO DE VECCHI -

ECCO IL LINK : http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=899090

giovedì 11 aprile 2013

Futuro? partiamo dall'oggi....



E’ passato un mese dall’ultima volta che ho scritto su questo spazio… anzi, qualcosa di più.
5 settimane in cui per la prima volta nella mia vita, tutto quello che osservavo o sentivo mi sembrava assurdamente statico, come gli acquitrini di una palude dimenticata.
Avrei potuto andare in viaggio in capo al mondo e una volta tornato avrei probabilmente trovato la medesima situazione lasciata: un paese fermo, incapace di reagire. Una società la cui gente è ormai messa in ginocchio dalla perversa logica del privilegio di pochi a discapito dei più.
In un contesto simile noti che persino la volontà e la capacità d'indignarsi sanamente viene meno. Ti pare di trovarti di fronte ad una di quelle patetiche soap-opera in stile “Beautiful”: puoi perdere anche un centinaio di puntate, tanto quando tornerai a seguire la trama troverai nuovamente i protagonisti nelle medesime condizioni e nei medesimi intrecci pseudo-amorosi di 20 anni prima.
Non è una constatazione pessimista la mia, bensì semplicemente la nuda e cruda analisi di qualcosa a cui sto assistendo con impotenza da troppo tempo…ed io stesso, in uno dei rari momenti di auto critica, prendo coscienza di essere troppo spesso solo spettatore di questa lenta agonia spirituale e sociale.
Non so che fine farà questo blog: non posso prevederlo alla stato attuale…in quasi 3 anni ho riversato qui la mia voglia di interagire col mondo, comunicare senza “parlarmi addosso”. 
Quella che riscontro è purtroppo una situazione dove le case editrici medio-piccole chiedono danaro per pubblicare autori emergenti o sconosciuti, i “colossi editoriali” invece puntano spesso su  “scrittori dell’ultima ora” quali Amanda Knox (la quale a quanto pare sta beneficiando delle luci delle ribalta relative al noto caso- omicidio). Altri “premiati” da quest’assurda modalità sono ad esempio l’ex terrorista Cesare Battisti, che ora campa di diritti artistici grazie ai suoi libri ...evidentemente ritenuti interessanti dalla “macchina" della show-business.
Lo stesso dicasi di Fabrizio Corona e delle sue a quanto pare “irrinunciabili” confidenze sulle sue notti di galera o le “imperdibili” lezioni di seduzione di Valeria Marini (“Lezioni intime” Cairo Editore).
Come non avere un pizzico d’amaro in bocca di fronte a tutto ciò? Sarei ipocrita all’ennesima potenza se non dicessi d'essere quanto meno amareggiato da questa triste realtà.
Forse sono ingenuo? A 35 anni suonati dovrei avere ampiamente capito che la società funziona così dalla notte dei tempi? Sì, esatto, è probabile che sia un ingenuo, uno di quelli che non si abitua mai al peggio e non riesce a dire: “ Va beh, si sa e non si può cambiare”.
Non parlo solo di me, non voglio correre il rischio di auto-incensarmi e credere che le ingiustizie colpiscano unicamente me, (ci mancherebbe altro!) : parlo di migliaia di talenti che non hanno la giusta considerazione. Teatranti, musicisti che spendono vite in conservatorio o in scuole serie per anni ma poi vedono i propri sforzi infrangersi di fronte all’ennesima “pop-star” uscita dai “laboratori” di qualche tv che ne ha "preparato a tavolino" persino il look, buono per le figurine. Parlo di amici che studiano con fervore e passione per laurearsi, costruire il proprio futuro e poi se lo vedono rubato dall’igienista dentale di turno che semplicemente ha trovato la “giusta scorciatoia”. Parlo di chi finisce all’estero perché qui non ha più lavoro né speranza. Parlo di padri e madri, di lavoratori strozzati dai debiti.
Ma non voglio risultare pesante….torno con molta più leggerezza a questo blog ed al suo futuro.
Che farò di questo spazio? Ad oggi non so cosa rispondere, sarà il tempo a darmi le giuste risposte, come sempre!
Spero possa continuare ad essere ciò che nelle intenzioni ambiva a diventare. Uno "casa comune", un luogo di scambio idee… un’opportunità di crescita per me e per chiunque avesse avuto il piacere di entrarvi.
Ma questo appunto me lo dirà solo il tempo: ad oggi noto che è proprio questo signor tempo il  “tiranno” della situazione. Non c’è più voglia di usare il tempo per “soffermarsi”.
Senza voler demonizzare i social networks (che io stesso uso), sono loro a “farla da padrone”  e spesso con un’attitudine media di un “click veloce e  via” verso un’altra cosa: un “saltellare” continuo e compulsivo che non lascia spazio a letture un po’ più lunghe né a riflessioni comuni. Ecco perché mi sto interrogando sulle concrete possibilità che questo progetto ha di continuare ad esistere costruttivamente.
Ma ripeto: quest’interrogativo è già futuro e la sola cosa da farsi e vivere l’oggi.
Un bellissimo aforisma di saggezza orientale recita più o meno così: “Ieri era la legna, domani sarà la cenere…solo l’oggi è il fuoco che divampa”.
Buon oggi a tutti dal più profondo del mio cuore!

ALESSANDRO DE VECCHI

venerdì 1 marzo 2013

Il "video-trailer" del mio libro :-)





Ecco il video che ho "montato" per pubblicizzare il mio libro! Belle immagini e sottofondo musicale intenso...chiedo a chiunque abbia sensibilità di aiutarmi a diffonderlo un po', grazie di cuore !
(Alessandro De Vecchi)

domenica 3 febbraio 2013

Tratto da: OSHO, "L'immortalità dell'anima"


( nella foto: un sasso a forma di cuore, istantanea che ho scattato per puro caso in un parco)

Un mistico iniziò a preoccuparsi profondamente della propria infelicità.
Una notte, mentre pregava, chiese all’universo: «Non ti chiedo di non darmi l'infelicità perché, se la merito, sicuramente dovrò riceverla, ma almeno ti chiedo di non darmene così tanta. Ovunque vedo gente che ride, mentre io sono l'unico che piange; tutti sembrano essere felici, io sono l'unico infelice; tutti paiono allegri, io sono l'unico triste, perso nell'oscurità. Dopo tutto, cosa ti ho fatto di male? Ti prego, fammi un favore: dammi l'infelicità di qualcun altro al posto della mia. Scambia la mia infelicità con quella di qualcun altro a tua scelta, e io l'accetterò».
Quella notte, dormendo, fece uno strano sogno. Vide un palazzo immenso con milioni di ganci appesi alle pareti, e milioni di persone che entravano, recando ciascuna un fardello d'infelicità sulla schiena. Vedendo tanti fardelli d'infelicità, rimase sconcertato e si spaventò: i fagotti portati dagli altri erano molto simili al suo; la forma e le dimensioni erano le stesse. Cadde in un'estrema confusione: aveva sempre visto i suoi vicini sorridere, e tutte le mattine, quando chiedeva loro come andava, si sentiva rispondere: «Molto bene». Adesso vedeva che quelle stesse persone si portavano dietro la sua stessa quantità di infelicità.
Vide politici con i loro sostenitori, e guru con i loro discepoli: tutti con lo stesso carico. Il saggio e l'ignorante, il ricco e il povero, il sano e il malato:
il carico era per ognuno lo stesso. Il mistico rimase sbalordito: per la prima volta vedeva quei fardelli, mentre fino ad allora aveva visto solo i volti delle persone.
All'improvviso una voce tuonò nella stanza: «Appendete i vostri fardelli!». Tutti, incluso il mistico, fecero com'era stato ordinato, affrettandosi a liberarsi dei propri problemi; nessuno li voleva portare un secondo di più; anche noi, se ci fosse data una simile possibilità, li appenderemmo subito da qualche parte.
Poi risuonò un'altra voce, che disse: «Adesso, ognuno di voi prenda il carico che preferisce». Potremmo sospettare che il mistico prendesse rapidamente il carico di qualcun altro, ma non fece un errore simile. In preda al panico, corse ad afferrare il suo fardello, prima che qualcun altro lo prendesse; altrimenti avrebbe avuto un problema in più, visto che avevano tutti lo stesso aspetto.
Il mistico pensò che fosse meglio avere il proprio fardello, almeno le sue sofferenze gli erano familiari. Chissà quali dolori c'erano nei fardelli degli altri? Un'infelicità con cui si ha familiarità è di per sé meno triste: è un'infelicità nota, conosciuta.
Per cui, in stato di panico, si precipitò a recuperare il suo fardello, prima che qualcun altro potesse metterci sopra le mani. Ma, guardandosi intorno, scoprì che tutti erano corsi a riprendere i loro fardelli; nessuno aveva preso quello di un altro. Chiese: «Perché avete tanta fretta di riprendere i vostri fardelli?».
La risposta fu: «Ci siamo spaventati. Finora avevamo creduto che tutti gli altri fossero felici e solo noi non lo fossimo». A chiunque il mistico ponesse quella domanda, la risposta era la stessa: tutti avevano sempre creduto che gli altri fossero felici. «Addirittura pensavamo che anche tu fossi felice, perché camminavi sempre con il sorriso sul volto; non avremmo mai immaginato che anche tu portassi un carico di tristezza dentro di te» dissero. Spinto dalla curiosità, il mistico chiese: «Perché avete ripreso il vostro fardello e non lo avete scambiato con quello di un altro?». Quegli altri risposero: «Oggi, ognuno di noi aveva pregato chiedendogli di scambiare il proprio fardello d'infelicità. Ma quando abbiamo visto che i fardelli erano uguali per tutti, ci siamo spaventati; non avevamo mai immaginato una cosa simile. Per cui abbiamo capito che era meglio riprenderci il nostro carico, quanto meno ci è noto e ci è familiare. Perché accollarsi nuove tristezze? A poco a poco, ci siamo abituati alle vecchie». Quella notte nessuno prese il fardello di qualcun altro. Il mistico si svegliò e ringraziò l’universo, colmo di gratitudine, per avergli permesso di riprendersi la sua infelicità. E decise che non gli avrebbe mai più rivolto preghiere simili.


Tratto da: OSHO, "L'immortalità dell'anima"

domenica 27 gennaio 2013

Giornata della memoria...per gridare tutti insieme "mai più!"

Giornata della memoria, per non dimenticare e tutti insieme ribadire al mondo << Mai più! >>, poesia tratta dal mio libro "Fuori dallo stormo" http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=350633

mercoledì 9 gennaio 2013

<< DIALOGO IMMAGINARIO CON GLI ANNI E CON LA PROPRIA COSCIENZA >>




- Pronto? Ciao, come stai? Tutto bene?
- Ciao vecchio anno appena passato! Tu come stai? Io mi sto riprendendo dopo trascorsi non facili, mi sono accadute un po’ di cose e ho dovuto rimboccarmi le maniche… ma sto reagendo. Non hai saputo nulla?
- No, mi dispiace, ma tu sei forte… piuttosto, volevo chiederti un favore: sai, da quando è arrivato il 2013 tutti gli occhi sono puntati su di lui ed io non riesco più ad ottenere nulla da nessuno.
- Hey! Perdonami se t’interrompo subito. Non averne a male, ma io non saprei aiutarti, per due ragioni: la prima è che per me il nuovo anno è il futuro e tu sei il passato. Io non mi occupo né di uno né dell’altro, ma solo ed esclusivamente del momento presente. Istante per istante, con consapevolezza solo nel frangente che fa parte del “qui e adesso”. La seconda ragione è che ho smesso.
- Smesso cosa?
- Smesso di dar per scontato che quello che abitudinariamente reputo "fare il bene" sia poi effettivamente tale.
Ho smesso di pensare che sia incondizionatamente corretto e sano "esserci" e "darsi" completamente a prescindere.
Vuoi un esempio? Raccogliere e ri-pulire ripetutamente il ciuccio di un bimbo che intenzionalmente lo getta per terra dispettosamente non è affatto educativo ...allo stesso modo non è né utile né fruttuoso offrirsi sempre e ingenuamente con chi con te invece c’è a “intermittenza”, come una lucina del presepe natalizio. Oppure quando gli conviene, quando ne ha voglia. Quando non ha di meglio da fare con sorelle, cugini, nipoti, amici, parenti, suoceri, colleghi, piante del giardino, arredamento nuovo, vacanze e chi più ne ha ne metta.
Ho smesso di aprire il mio cuore ed i miei timpani a chi parla come un libro stampato ma non ascolta neppure per un minuto. Chi menziona solo di sé e dei propri problemi o dei propri successi, come se i suoi fossero sempre il fulcro del mondo e ritiene invece quelli altrui alla stregua di quisquilie.
Ho smesso di credere agli alibi di chi non risponde ai tuoi messaggi perché: “Oh, scusa, ma non ho avuto tempo neanche stavolta”. (Mi pare d’intuire che il tempo medio per rispondere a un sms occupi qualcosa come 30-40 secondi nell'arco delle 24 ore a disposizione, evidentemente si tratta solo di priorità e dell’effettiva importanza data).
Ho smesso di giustificare bonariamente chi attende sempre che sia l'altro a “fare il primo passo”  ed a quel punto ti risponde con una filastrocca pre-confezionata al pari delle frasi dei baci perugina: “mi hai anticipato, ti avrei chiamato io prima o poi, anche se non mi faccio sentire spesso lo sai che  ti penso sempre”.
Ho smesso di rimandare a data da definire i propositi di vita, di pensare frequentemente: “ prima o poi la ruota girerà”, dimenticando che quel “domani” è divenuto oramai lo “ieri” di parecchi anni fa e la muffa del “qui ora”.
Ho smesso di farmi ipnotizzare da quel vecchio ritornello che troppo a lungo mi è stato canticchiato: “un giorno dobbiamo bere un caffè insieme o mangiare un pizza insieme per sostenerci e capirci reciprocamente”. Ho scoperto che attendendo quel giorno ho svoltato invano più pagine di calendari che incroci stradali.
Ho smesso di dare “quarte, quinte, seste, settime possibilità”, perché la prima volta che qualcuno ti ferisce puoi attribuirne (sebbene in maniera piuttosto superficiale) la causa ad altri al di fuori di te. Anche la seconda volta, magari. Ma dalla terza in poi probabilmente dovresti interrogarti, essere un po’ meno indulgente con te stesso e capire che “la colpa” a quel punto è anche e soprattutto tua, dal momento che lo hai permesso reiteratamente.
Ho smesso, capisci?
- Certo, capisco, sei giustamente amareggiato, è comprensibile, ma io volevo…
- Amareggiato? Ti sbagli amico mio e te lo dico con simpatia. Guarda il mio sguardo: è sereno, pacifico, persino lieto di tutto ciò che nella buona o nella cattiva sorte ho avuto l’opportunità d’imparare e vivere. Non ti preoccupare: nessun astio, nessun sentimento d’ostilità o rancore alberga in me. Non ce l’ho con nessuno, anzi: col sorriso sulle labbra ho imparato che non sono affatto il centro del mondo e sto  abituandomi a gioire del sole altrui persino nei casi in cui quest’ultimo coincide con l’ombra dalle mie parti. Mi alleno ad augurare a chiunque tutto il meglio che la vita possa donargli. Semplicemente però ho messo da parte un po’ di mie antiche abitudini deperite come medicinali scaduti, i quali, come si sa, diventano pericolosi per la propria salute.
Ho abolito quel continuo non volermi bene abbastanza.
Ho sepolto l’abitudine di non rispettare un minimo anche la mia persona.
Mi chiedevi come ho iniziato l’anno nuovo, giusto? Tutti fanno propositi con lui appena si affaccia, come vedi anch’io non sono diverso in questo. Ma non ho fatto una lista di cose da iniziare, ho preferito piuttosto cominciare da un bel po’ di cose da cessare…
…come dici? Non te l’aspettavi? Bhè, forse hai ragione, ma vedi, il punto è proprio questo: sono tante le cose che ho smesso.
Dimenticavo: un abbraccio di cuore, caro mio anno passato, salutami il nuovo titolare.

- ALESSANDRO DE VECCHI -