( nella foto: un sasso a forma di cuore, istantanea che ho scattato per puro caso in un parco) |
Un mistico iniziò a preoccuparsi
profondamente della propria infelicità.
Una notte, mentre pregava, chiese all’universo: «Non ti chiedo di non
darmi l'infelicità perché, se la merito, sicuramente dovrò riceverla, ma almeno
ti chiedo di non darmene così tanta. Ovunque vedo gente che ride, mentre io
sono l'unico che piange; tutti sembrano essere felici, io sono l'unico
infelice; tutti paiono allegri, io sono l'unico triste, perso nell'oscurità.
Dopo tutto, cosa ti ho fatto di male? Ti prego, fammi un favore: dammi
l'infelicità di qualcun altro al posto della mia. Scambia la mia infelicità con
quella di qualcun altro a tua scelta, e io l'accetterò».
Quella notte, dormendo, fece uno strano sogno. Vide un palazzo immenso con milioni di ganci appesi alle pareti, e milioni di persone che entravano, recando ciascuna un fardello d'infelicità sulla schiena. Vedendo tanti fardelli d'infelicità, rimase sconcertato e si spaventò: i fagotti portati dagli altri erano molto simili al suo; la forma e le dimensioni erano le stesse. Cadde in un'estrema confusione: aveva sempre visto i suoi vicini sorridere, e tutte le mattine, quando chiedeva loro come andava, si sentiva rispondere: «Molto bene». Adesso vedeva che quelle stesse persone si portavano dietro la sua stessa quantità di infelicità.
Vide politici con i loro sostenitori, e guru con i loro discepoli: tutti con lo stesso carico. Il saggio e l'ignorante, il ricco e il povero, il sano e il malato:
il carico era per ognuno lo stesso. Il mistico rimase sbalordito: per la prima volta vedeva quei fardelli, mentre fino ad allora aveva visto solo i volti delle persone.
All'improvviso una voce tuonò nella stanza: «Appendete i vostri fardelli!». Tutti, incluso il mistico, fecero com'era stato ordinato, affrettandosi a liberarsi dei propri problemi; nessuno li voleva portare un secondo di più; anche noi, se ci fosse data una simile possibilità, li appenderemmo subito da qualche parte.
Poi risuonò un'altra voce, che disse: «Adesso, ognuno di voi prenda il carico che preferisce». Potremmo sospettare che il mistico prendesse rapidamente il carico di qualcun altro, ma non fece un errore simile. In preda al panico, corse ad afferrare il suo fardello, prima che qualcun altro lo prendesse; altrimenti avrebbe avuto un problema in più, visto che avevano tutti lo stesso aspetto.
Il mistico pensò che fosse meglio avere il proprio fardello, almeno le sue sofferenze gli erano familiari. Chissà quali dolori c'erano nei fardelli degli altri? Un'infelicità con cui si ha familiarità è di per sé meno triste: è un'infelicità nota, conosciuta.
Per cui, in stato di panico, si precipitò a recuperare il suo fardello, prima che qualcun altro potesse metterci sopra le mani. Ma, guardandosi intorno, scoprì che tutti erano corsi a riprendere i loro fardelli; nessuno aveva preso quello di un altro. Chiese: «Perché avete tanta fretta di riprendere i vostri fardelli?».
La risposta fu: «Ci siamo spaventati. Finora avevamo creduto che tutti gli altri fossero felici e solo noi non lo fossimo». A chiunque il mistico ponesse quella domanda, la risposta era la stessa: tutti avevano sempre creduto che gli altri fossero felici. «Addirittura pensavamo che anche tu fossi felice, perché camminavi sempre con il sorriso sul volto; non avremmo mai immaginato che anche tu portassi un carico di tristezza dentro di te» dissero. Spinto dalla curiosità, il mistico chiese: «Perché avete ripreso il vostro fardello e non lo avete scambiato con quello di un altro?». Quegli altri risposero: «Oggi, ognuno di noi aveva pregato chiedendogli di scambiare il proprio fardello d'infelicità. Ma quando abbiamo visto che i fardelli erano uguali per tutti, ci siamo spaventati; non avevamo mai immaginato una cosa simile. Per cui abbiamo capito che era meglio riprenderci il nostro carico, quanto meno ci è noto e ci è familiare. Perché accollarsi nuove tristezze? A poco a poco, ci siamo abituati alle vecchie». Quella notte nessuno prese il fardello di qualcun altro. Il mistico si svegliò e ringraziò l’universo, colmo di gratitudine, per avergli permesso di riprendersi la sua infelicità. E decise che non gli avrebbe mai più rivolto preghiere simili.
Quella notte, dormendo, fece uno strano sogno. Vide un palazzo immenso con milioni di ganci appesi alle pareti, e milioni di persone che entravano, recando ciascuna un fardello d'infelicità sulla schiena. Vedendo tanti fardelli d'infelicità, rimase sconcertato e si spaventò: i fagotti portati dagli altri erano molto simili al suo; la forma e le dimensioni erano le stesse. Cadde in un'estrema confusione: aveva sempre visto i suoi vicini sorridere, e tutte le mattine, quando chiedeva loro come andava, si sentiva rispondere: «Molto bene». Adesso vedeva che quelle stesse persone si portavano dietro la sua stessa quantità di infelicità.
Vide politici con i loro sostenitori, e guru con i loro discepoli: tutti con lo stesso carico. Il saggio e l'ignorante, il ricco e il povero, il sano e il malato:
il carico era per ognuno lo stesso. Il mistico rimase sbalordito: per la prima volta vedeva quei fardelli, mentre fino ad allora aveva visto solo i volti delle persone.
All'improvviso una voce tuonò nella stanza: «Appendete i vostri fardelli!». Tutti, incluso il mistico, fecero com'era stato ordinato, affrettandosi a liberarsi dei propri problemi; nessuno li voleva portare un secondo di più; anche noi, se ci fosse data una simile possibilità, li appenderemmo subito da qualche parte.
Poi risuonò un'altra voce, che disse: «Adesso, ognuno di voi prenda il carico che preferisce». Potremmo sospettare che il mistico prendesse rapidamente il carico di qualcun altro, ma non fece un errore simile. In preda al panico, corse ad afferrare il suo fardello, prima che qualcun altro lo prendesse; altrimenti avrebbe avuto un problema in più, visto che avevano tutti lo stesso aspetto.
Il mistico pensò che fosse meglio avere il proprio fardello, almeno le sue sofferenze gli erano familiari. Chissà quali dolori c'erano nei fardelli degli altri? Un'infelicità con cui si ha familiarità è di per sé meno triste: è un'infelicità nota, conosciuta.
Per cui, in stato di panico, si precipitò a recuperare il suo fardello, prima che qualcun altro potesse metterci sopra le mani. Ma, guardandosi intorno, scoprì che tutti erano corsi a riprendere i loro fardelli; nessuno aveva preso quello di un altro. Chiese: «Perché avete tanta fretta di riprendere i vostri fardelli?».
La risposta fu: «Ci siamo spaventati. Finora avevamo creduto che tutti gli altri fossero felici e solo noi non lo fossimo». A chiunque il mistico ponesse quella domanda, la risposta era la stessa: tutti avevano sempre creduto che gli altri fossero felici. «Addirittura pensavamo che anche tu fossi felice, perché camminavi sempre con il sorriso sul volto; non avremmo mai immaginato che anche tu portassi un carico di tristezza dentro di te» dissero. Spinto dalla curiosità, il mistico chiese: «Perché avete ripreso il vostro fardello e non lo avete scambiato con quello di un altro?». Quegli altri risposero: «Oggi, ognuno di noi aveva pregato chiedendogli di scambiare il proprio fardello d'infelicità. Ma quando abbiamo visto che i fardelli erano uguali per tutti, ci siamo spaventati; non avevamo mai immaginato una cosa simile. Per cui abbiamo capito che era meglio riprenderci il nostro carico, quanto meno ci è noto e ci è familiare. Perché accollarsi nuove tristezze? A poco a poco, ci siamo abituati alle vecchie». Quella notte nessuno prese il fardello di qualcun altro. Il mistico si svegliò e ringraziò l’universo, colmo di gratitudine, per avergli permesso di riprendersi la sua infelicità. E decise che non gli avrebbe mai più rivolto preghiere simili.
Tratto da: OSHO,
"L'immortalità dell'anima"
che dire è splendido1
RispondiElimina^_^ Simona! stò facendo 1 giretto sul tuo blog ;)
EliminaIntanto, bellissima la foto!!!anche io scatto foto ai cuori quando ne vedo, ma il fatto che tu l'abbia fatto per caso, lo rende ancora più speciale!!
RispondiEliminae poi, molto belle anche queste parole che hai riportato qui..leggerle aiuta a capire molte cose :)Buona Domenica!
Grazie Mary!! sempre 1 piacere "ritrovarti" bello sapere che non sono l'unico "folle" che scatta foto ai sassi a forma di cuore! un bacione grande grande!
Eliminaciao Susanna! buona domenica a te e grazie di cuore per il tuo bell'intervento ;-)
RispondiEliminaé semplicemnete bello il racconto e mi viene in mente quel detto che mio padre racordava spesso:
RispondiElimina"Quando si va in piazza con la croce, alla fine si ritorna indietro ognuno con la propria!" molto semplice e simile a ciò che scrive Osho.
Un giorno racconterò ciò che ci disse una volta un Parroco, una "favola" di Gesù dove il finale è sempre questo, ognuno si tiene i propri mali.
Grazie per essere passato a trovarmi, mi fa sempre molto piacere.
Buona Domenica, un abbraccio sincero
grazie cara! tutto ciò dimostra ancora una volta di più che tutti "i grandi illuminati" (Buddha, Gesù , ecc..)hanno mirato alla stessa meta, utilizzando semplicemente mezzi diversi, ma proprio perchè diverse sono le inclinazioni e le attitudini delle persone... un bacione!
EliminaL'erba del vicino è sempre più verde...ma solo in apparenza, se ti avvicini e guardi meglio troverai anche nel giardino del vicino sterpaglia, foglie secche, ecc... Ognuno deve occuparsi del proprio giardino, avendone cura anche quando sembra ormai secco, perché quando meno te lo aspetti, proprio in quel vecchio giardino può spuntare un bel fiore...
RispondiEliminaSempre attento e vigile il nostro Alino...very good!!!
p.s. io aspetto che fiorisca un altro fiore targato Alino in questo bel giardino....;-)
Un bacio
Margherita
arriverà presto ... abbi fede ;-)
EliminaNon so perché, ma leggendo e riflettendo su questa storia, mi è venuto in mente questo pezzo di un racconto del tuo libro:
RispondiElimina"Ci smarrimmo esattamente come due turisti ingordi di luoghi e scatti. Era esageratamente piacevole scartare memorie come fossero succose caramelle… esattamente come coi dolciumi, non si è mai sazi: uno tira l’altro.
Il dialogo procedeva lungo binari distesi ed allegri, sino a quando Cris sentì che era giunto il momento di rivelarmi il motivo della sua ricerca.
Credo d’essere rimasto inerme ed abulico per diversi minuti mentre Cris mi rivelò che era gravemente malato, per la precisione già agli “atti finali”, quelli che precedono i “titoli di coda”. Un male incurabile, una di quelle fottute bestie che non ti lasciano scampo, solo una bomba ad orologeria di cui senti il ticchettio tipico del “conto alla rovescia”. Un anno, quattordici o quindici mesi ad essere ottimisti: questo era tutto ciò che aveva.
Cosa vuoi dire in un’occasione del genere? Ogni parola ti sembra “fuori luogo”, senza senso.
Finisci con restare in silenzio a fissare il vuoto, sperando che quel che hai appena udito sia solo il frutto di uno scherzo di pessimo gusto…ed invece no, nessuna finzione: quella era la cruda verità.
Sfoderai mentalmente tutte le imprecazioni possibili. Non riuscivo a smettere di ripetere: << Cazzo! Cazzo! No! No! Non è giusto! Vaffanculo destino infame! >>.
In poche tacche d’orologio mi ritrovai nella paradossale situazione in cui era Cris a consolarmi. Tutto ciò mi faceva sentire ancora più impotente ed inadeguato.
<< Ok Libero. Non ti ho cercato certo per deprimerti parlando della mia condizione. Piuttosto, ho una richiesta da farti >>.
<< Una richiesta? >> dissi io, non appena ripresi fiato e colore.
Il volto di Cris si fece improvvisamente sorridente e ricco d’espressioni entusiaste.
<< Sì, esatto. Stammi bene a sentire. Ho in mente un progetto davvero interessante >>.
Rimasi una cinquantina di minuti ad ascoltare il mio amico, che mi stava letteralmente sommergendo con ondate d’incredibile fervore.
Non mi sognai neppure lontanamente d’interrompere quella fastosa energia che emanava, parola dopo parola.
Era straordinario constatare quanta voglia di vivere albergava ancora in lui. Quanta positività, unita in maniera simbiotica al coraggio.
Nessuna traccia di rancore nei confronti di una vita che voleva portare a termine nel migliore dei modi. Quasi fosse l’ultimo epico assolo di un concerto da consegnare alla storia.
Cristian aveva la ferma intenzione di spendere costruttivamente il tempo rimastogli, voleva godere appieno di quel ciclo; come se ogni giorno in più fosse un dono inaspettato da omaggiare."
Smakkete!
Lorelyna
^_^..........
RispondiElimina