Siamo stati ospiti della biblioteca di Albairate e ognuno di noi ha condiviso un breve racconto tratto dal proprio repertorio personale.
Ecco le foto della serata e il breve racconto da me proposto.
Un caldo augurio di pace a tutti. ALESSANDRO DE VECCHI
DIECI
PASSI ED OLTRE
Metti una sera a cena dai tuoi.
Gironzoli con “passo ciondolante”
in quella che fino a qualche anno fa era la tua cameretta.
Osservi ogni soprammobile, scruti
le pareti coi poster rimasti lì attaccati: esattamente come li avevi lasciati
qualche anno prima, quando ancora in quel bunker dall’aspetto così rassicurante
ed intriso di ricordi, ci abitavi.
La voce di tuo padre ti richiama
in cucina: << A tavola! E’ pronto! >>.
Ti pare di fare un piccolo tuffo
indietro nel passato, quel poco che basta per tornare a sorridere
teneramente…poiché inconsciamente sai bene che il tempo non si può fermare e
probabilmente è giusto e meglio che sia così. Cosa sarebbe il nostro esistere
se la meraviglia di farsi sorprendere dalla vita non avesse un ruolo da
protagonista? Cosa diverrebbe senza i suoi continui cambiamenti: a volte
sfacciatamente gioiosi, altre volte invece dannatamente taglienti?
Niente macchine del tempo dunque:
<< Qui non è Hollywood >> direbbero i Negrita, e ne avrebbero ben
donde.
Qualche settimana fa, a tal
proposito, stavo scrivendo sul diario un’asserzione che m’albeggiava da giorni:
<< Anche oggi il colpo di
pistola dello starter ha dato il via. Mentre tutti affannosamente corrono per
conquistare la fetta di mondo apparentemente più dorata, scelgo di camminare.
Al mio passo, qui: vegliando sui sogni reali ed abbandonati da chi li ha
bollati utopie >>.
Poco fa l’ho riletta ed ho
compreso una cosa: forse ho iniziato a fare i primi passi buoni come
‘tirocinante nella palestra della vita’…e tali orme mi raccontano di come, in
questo percorso privo di bussole e stelle polari, l’insegnante migliore sia
proprio la pratica.
A proposito di passi ed andatura:
quella sera a cena dai miei mi sono ritrovato a riflettere sul significato del
vocabolo “avanzare”.
Il merito di queste bizzarre
riflessioni lo devo a mia madre, spesso decisamente loquace.
Mentre silenziosamente portavo la
forchetta alla bocca lei ha iniziato a raccontarmi un aneddoto che mi riguarda.
Dice di averlo in qualche modo incanalato nei suoi pensieri dopo aver visto una
fotografia che mi ritraeva in tenera età.
Ebbene, col suo solito piglio in
quel frangente ha iniziato a raccontarmi di come ho imparato ad andare in bici:
<< Tuo padre ti tolse una rotella alla volta per insegnarti gradualmente
a condurre la bici con sicurezza >>.
Così ha cominciato a conversare,
mentre versandomi del vino, l’ascoltavo incuriosito.
<< Il giorno in cui ti ha
levato anche la seconda rotella avevi molta ansia…chiedevi al papà di seguirti
e tenere la sella con le mani. Il babbo ti rassicurava dicendoti che era alle
tue spalle e ti stava sostenendo. In realtà tu, senza saperlo, stavi già
guidando la bici da solo! Ma eri tranquillo perché sentivi la voce di papà
provenire da dietro ed immaginavi le sue manone pronte ad afferrarti in caso di
‘mancato decollo’ >>.
Questo piccolo ed apparentemente
banale ricordo, mi ha illuminato la serata. Suonerà bizzarro, forse anche un
poco singolare, ma ora posso dire di aver davvero capito cosa significhi
“avanzare”. Quella minuscola bicicletta in verità è una metafora, un’allegoria
del nostro quotidiano “farci strada”. Per poter stare in equilibrio occorre
pedalare, sempre.
Le rotelle mancanti e l’ansia le
ho ritrovate in ogni altra occasione, in ogni “notte che precedeva un
esame”...e la commissione giudicante si chiamava “futuro”.
Oggi sono qui: la segnaletica non
esiste. Non troveremo mai un cartello che ci indichi qual è la via buona.
Spesso avremo a che fare con sentieri scoscesi e dolori ai tendini, a forza
d’alzarsi sui pedali per affrontare le salite più ripide o i tornanti più erti.
La vetta non è mai visibile ad
occhio nudo. A volte ho come l’impressione che inoltrandomi fiducioso, essa
dispettosamente diventi inafferrabile, come un’utopia. Ma in fondo è bello che
sia così.
Karl Otfried Muller diceva:
<< Niente deve andar perduto per te e nessuno sciocco timore di perderti
deve trattenerti dalla gioia di vagare >>.
Dimenticavo: buon viaggio a
tutti, ricordate di non subire mai la vita…costruitevela.
ALESSANDRO DE VECCHI
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