Lavorare con le proprie afflizioni mentali: accettare,
comprendere e trasformare ogni aspetto più oscuro del proprio presunto “io” (o
per meglio dire, dell’illusione e dell’idea che abbiamo di noi stessi.)
Ecco cosa significa fare un ritiro spirituale. Molte persone
mi hanno chiesto: «Perché di tanto in tanto fai ritiri? Che senso ha ritirarsi
per un po’? E' forse per chiudere momentaneamente le finestre spalancate sulla mondanità,
attutire i chiacchericci superflui, il caos e la sovraesposizione agli stimoli
esteriori?»
Rispondo sempre a questo genere di domande, che questa non è
la domanda corretta, semmai bisognerebbe chiedersi: «Che senso ha auto
infliggersi quotidianamente una dose di veleni mentali che prima o poi ci
renderanno ciechi, sordi e inconsapevoli della nostra vera natura ultima?»
Fare un ritiro non è allontanarsi dal mondo, rifiutare
qualcosa in cambio d’altro, ma è semmai (come disse un qualcuno di famoso)
“essere nel mondo senza essere del mondo”.
Ecco la chiave, saper emanciparsi dagli attaccamenti
corrosivi. Godere del qui ed ora, di quel che si ha, senza rifiutare nessun
aspetto del quotidiano, senza cadere dell’abitudine reiterata di etichettare
ogni cosa in maniera duale, poiché tutto, anche quando non lo capiamo a livello
logico-razionale, è un ottimo carburante per proseguire verso l’auto
liberazione.
Lavorare con tutto significa proprio fare di ogni occasione
(piacevole o spiacevole che ci appaia) un insegnante. Fare in modo che diventi
il fango senza il quale il loto non può sbocciare.
Un grande maestro tibetano disse: «L’immagine sporca
del tuo viso allo specchio ti è utile. Ciò che devi ripulire è il tuo essere,
non la superficie dello specchio.»
Con queste idee sono partito per Bordo di Viganella:
villaggio dedito alle attività di Dharma e comunità montana situata in Val
Antrona (Vb), a pochi chilometri da Domodossola, ma distante anni luce dal
frastuono mentale dei centri commerciali e delle insegne lampeggianti che ci
illudono di poter comperare la felicità in offerta scontata.
Bordo, situato a 720 m, è un villaggio raggiungibile solo a
piedi. Inerpicandosi lungo un sentiero che intraprendi dopo aver lasciato la
tua auto a fondo valle, e con essa aver lasciato cadere tutti i concetti e i
preconcetti su come la tua vita sia “giusta o sbagliata” “vincente o
fallimentare”.
Lo zaino, pur ridotto all’essenziale per i pochi giorni di
permanenza, pesa sulle tue spalle, mentre passo dopo passo cerchi di
raggiungere la destinazione e registrare il tuo nome ai monaci che ti
attendono.
Ma quel peso ti ricorda di tutto ciò che ti può spogliare,
di quante cose superflue appesantiscono ogni giorno la nostra consapevolezza.
Così sono giunto in quel luogo: con le spalle fortificate e
la mente pronta ad assumere l’aspetto di un bicchiere trasparente. Le impurità
c’erano e ci sono ancora, semplicemente le ho lasciare sedimentare sul fondo,
senza rimestarle. Deliberatamente prendendone atto senza intervenire con
operazioni inconsapevoli che avrebbero causato ancora maggior confusione.
“Lascia cadere ogni cosa come una foglia che doveva cadere
proprio in quel punto. Semplicemente
siedi ed osserva. Stop. Fine dei giudizi. Inizio della pace”.
Ecco cos’è stato il mio ritiro in occasione del Vesak
(commemorazione della nascita, illuminazione e parinirvana del Buddha). Tutto
qui? Si potrebbe pensare.
Il problema è proprio questo: pensiamo troppo! Crediamo che
le risposte giungano torturandoci, ma al termine di lunghi silenzi accanto ad
amici e maestri qualificati, ho trovato più risposte che domande, alle quali
neppure mi ero sottoposto.
C’è stato spazio per tutto: per la condivisione del cibo,
per le risate, l’allegria, il sonno, la veglia, il silenzio e la parola al
momento giusto.
Mi è stato chiesto, prima di partire, di descrivere e
raccontare questo ritiro a parole, non so farlo più di così: le parole sono
contenitori limitati, anche troppo, per cui vi lascio alle immagini e alla
saggezza di un Lama vissuto nel secolo scorso, forse egli incarnerà lo spirito
che vorrei poter saper descrivere.
(Alessandro De Vecchi)
La meditazione naturale
di Lama
Guendune Rinpoche
Lascia questa mente, la tua, distesa, senza artifizio.
In questo stato, guarda il moto dei pensieri,
fissa questo movimento senza forzare.
In questo stato si rivela la calma.
Nessun attaccamento alla calma,
nessuna paura del movimento.
Nessuna differenza tra la calma e l’attività:
riconosci questi due stati come fenomeni mentali che
sorgono dalla mente.
In questo stato riposa……
Senza aggrapparti, senza attaccamento, nell’essenza
naturale.
In questo stato, sorgerà l’essenza della tua stessa mente,
saggezza, radiosa vacuità, e non avrai parole…….
in questo stato, spunterà una stabilità naturale.
Non dare alla stabilità un valore
speciale,
ma sii spontaneo, naturale e libero.
Non attaccarti alle creazioni della mente e non respingerle
ma, per favore, dimora.
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